Benvenuti: il ritorno al Met, Nuti, Paperino. "Prato per me fu una bellissima scoperta"

L'intervista. I ricordi e gli affetti che legano Alessandro Benvenuti alla città di Prato; da "Ad ovest di Paperino"a"Caino e Caino", senza dimenticare il vecchio amico Francesco Nuti

Alessandro Benvenuti

Alessandro Benvenuti

Prato, 21 dicembre 2018 - 21 e 22 dicembre ore 21,30, teatro Metastasio. Torna “Benvenuti in casa Gori”, il fortunato testo scritto diretto ed interpretato dal grande Alessandro Benvenuti. Un artista amatissimo in città, un “figlio adottivo”che ha sempre mantenuto uno stretto legame con la città che si appresta ad applaudirlo nuovamente, dopo anni di assenza. Un piacevole regalo di Natale che rientra nelle iniziative Prato Festival messe a punto dall’assessorato alla cultura.

Un ritorno in grande stile sulle tavole del palcoscenico del Metastasio: finalmente! L’ultima volta al Met con i Giancattivi, all’insegna del tutto esaurito. Che ricordo ha di quegli anni ?

“C’è una foto per me storica, molto affettuosa, che ci ritrae sul palco del Met, insieme ai nostri musicisti. Diamo le spalle al pubblico e ci facciamo questa foto ricordo di quelle serate. Una immagine consegnata alla storia personale, di un grande successo, con Athina e con Francesco che era felicissimo di tornare a casa sua. Il mio ricordo più bello e indelebile è questo”

“Benvenuti in casa Gori” è un classico. Si è spiegato negli anni le ragioni di un successo così duraturo?

“Me lo sono spiegato; Benvenuti in casa Gori è teatro allo stato puro; la possibilità da parte del pubblico, senza nessun orpello, di vedere un mondo, di vedere l’interno di una famiglia, che somiglia a tante famiglie, capire l’effetto che questo racconto ormai vecchio, che la riproposta di questo mondo familiare, fa sul pubblico di oggi. Un linguaggio estremamente popolare, ma una messa in scena che somiglia al teatro sperimentale; la commistione di questi linguaggi, dà una eleganza a dei contenuti, che dovrebbero appartenere al vernacolo ma che invece diventano alti. E’ uno strano mix non facile da ottenere. Altra cosa in questo spettacolo; sono rigorosissimo, non è mai successo che mutassi una virgola nell’interpretazione per strappare una risata in più. E sono sicuro che il pubblico lo apprezzi”

Tra i dieci personaggi che lei porta in scena ci sarà un preferito? Se sì, perché?

“In realtà non c’è. Sono dieci personaggi che traggono ispirazione dai miei veri parenti. Diciamo che negli anni è successo che dedicassi più attenzione ad alcuni o ad altri, per migliorare il personaggio. Adesso sono tutti maturi alla stessa maniera. A questi dieci parenti chiesi il permesso. Chiesi…. posso rubarvi un po’ di anima per questo spettacolo ? Se avessero saputo che sarebbe andata avanti per più di trent’anni, chissà cosa avrebbero risposto!"

La leggenda dice che il testo fu scritto in quattro e quattr’otto per colmare un vuoto improvviso nel cartello del teatro di Rifredi. E’vero?

“No, o meglio, è vero che lo spettacolo è stato scritto in due pomeriggi. Eravamo io e Ugo Chiti a casa sua. E così per divertimento ci siamo messi a scrivere le portate di questa cena. E ho tratto ispirazione dalla personalità di dieci parenti. All’epoca ero direttore artistico del gruppo di teatranti Le Galline, alle quali scrissi un omonimo spettacolo che andava in scena al teatro di Rifredi. La direzione del teatro mi chiese se a fine spettacolo potevo fare qualcosa anche io, visto che era il teatro dei Giancattivi. Decisi di leggere questa cosa che avevo scritto con Ugo e fu un successo inaspettato, un vero miracolo. Questa è la vera storia di come è nato Benvenuti in casa Gori”.

Nell’estate del 1992 lei girò “Caino e Caino”, che ricordo ha della città e dei pratesi?

“Un ricordo della città e dei pratesi meraviglioso, ma del film in sé ho ricordi terribili perché tra me ed Enrico Montesano non ci fu una grande sintonia. Fu uno sposalizio forzato di Mario Cecchi Gori, a cui volevo bene. E non potetti dire di no ma ne ripagammo nel risultato. Tecnicamente è un film molto bello ma cieco dal punto di vista del significato. Meno male ci fu Prato che mi accolse come un figlio. Avevo nelle orecchie le cose negative che si dicevano a Firenze su Prato. E per me fu una grandissima scoperta e sorpresa. Ho avuto sempre una grandissima accoglienza in questa città, sono emozionato al pensiero di tornare dopo più di trent’anni, al Metastasio”

Parafrasando il titolo del suo primo film da regista, cosa c’è “Ad ovest di Paperino”? Ma davvero, come nacque quel titolo?

“Il titolo nacque così per caso, durante le riprese del film, da uno dei tecnici, Marco Paoli il più giovane, che un giorno ci disse….ieri ho visto “All’ovest non c’è più nulla”. La pellicola in questione era “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. Questa cosa ci fece morire dal ridere ed iniziammo a scherzare molto sull’aneddoto. Una notte poi vedemmo il cartellone stradale Paperino. E così ci venne in mente “Ad Ovest di Paperino” che oltre alla frazione di Prato è il personaggio più simpatico, sfigato e surreale della Disney, che calzava a pennello con le atmosfere del film”.

Infine un pensiero all’amico Francesco Nuti. Due anni fa lei fu ospite della rassegna Buon compleanno Francesco. Un incontro fra voi due che davvero commosse il numerosissimo pubblico presente al Terminale….

“Innanzitutto sono pensieri di tenerezza. Parlando di queste cose si entra in un buco nero. Ho trascorso un pezzo di vita importante con Francesco. E vedere una persona come lui che purtroppo deve smettere di fare quello per cui è nato, ovvero l’artista, è duro da accettare. Francesco è una persona che mi ha aiutato molto a crescere e a risollevarmi dai momenti bui. Poco prima del terribile accaduto, c’era l’idea di tornare insieme a teatro, era venuto a trovarmi durante le prove di uno spettacolo e si era reinnamorato del palcoscenico. Volevamo esaudire il nostro sogno da giovani, ovvero mettere in scena Aspettando Godot di Beckett. Purtroppo è andata come è andata. Mi rimane sicuramente addosso, tanta amarezza”.