Pecci, si avvicina la grande riapertura / FOTO

La mostra per ripartire, il nuovo strabiliante edificio fiormato da Maurice Nio

L'ingresso del nuovo Centro Pecci

L'ingresso del nuovo Centro Pecci

Prato, 14 settembre 2016 - E' fissata per il 16 ottobre la grande riapertura del nuovo Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, dopo il completamento dell’avveniristico ampliamento a forma di navicella spaziale dell’architetto Maurice Nio e la riqualificazione dell’edificio originario di Italo Gamberini.

Il Centro Pecci sarà l’unica istituzione pubblica dedicata all’arte contemporanea in Italia, e una tra le poche in Europa, a inaugurare un nuovo edificio nel decennio 2010-2020.

Fondato nel 1988 — prima istituzione in Italia con una sede costruita ex novo per esporre, collezionare, conservare, documentare e diffondere le ricerche artistiche più avanzate — il Centro Pecci si appresta a diventare un punto di riferimento internazionale per la sperimentazione dei molteplici linguaggi artistici contemporanei. La sua mission, infatti, è quella di indagare tutte le discipline della cultura contemporanea, toccando anche cinema, musica, perfoming arts, architettura, design, moda e letteratura, cercando al contempo di avvicinare il più possibile l’arte alla società.

A questo scopo il nuovo Centro, oltre a spazi espositivi più che raddoppiati, ha a disposizione anche l’archivio e la biblioteca specializzata, che conta un patrimonio di oltre 50.000 volumi, il teatro all’aperto, un cinema/auditorium, uno spazio performativo all’interno delle gallerie, un bookshop, un ristorante, un bar/bistrot. Un luogo non solo espositivo ma il più versatile e trasformabile possibile, basato sulla sperimentazione e la ricerca, puntando a una relazione dinamica con il suo pubblico e divenendo un luogo particolarmente attivo con il prolungamento dell’apertura alla sera, quando alle mostre si affiancano performance, concerti e proiezioni, ma anche conferenze, laboratori e corsi per adulti.

Importante in questo senso, prima tra le istituzioni pubbliche italiane, la creazione di un dipartimento di ricerca teso a costruire le basi teoriche delle varie iniziative e a sviluppare in modo ampio le attività educative.

Nell’occasione della riapertura del Centro Pecci, al quale la Regione Toscana ha attribuito il compito di coordinamento e fulcro regionale dell’arte contemporanea, una serie di eventi e mostre collaterali saranno presenti nella città di Prato e sul territorio, coinvolgendo Firenze, Pisa, Vinci. La fine del mondo – Prologo porterà opere della Collezione Pecci in prestigiose istituzioni culturali toscane mentre Contemporary Tuscany traccerà, per la prima volta, un percorso di arte urbana nell’area pratese. E ancora: La Torre di Babele, iniziativa dei galleristi toscani in uno spettacolare edificio di archeologia industriale; TU35 / 2016 dedicata ai giovani artisti toscani emergenti; Icastic for Pecci nella Camera di Commercio della città e, al Fabbricone, i progetti del recente concorso per il Parco Centrale di Prato, che ha visto la partecipazione dei migliori architetti e paesaggisti internazionali.

In occasione della sua riapertura, il Centro Pecci riparte con la mostra La fine del mondo, a cura del direttore Fabio Cavallucci con la collaborazione, oltre che del team interno, di un nutrito gruppo di advisor internazionali composto da Elena Agudio, Antonia Alampi, Luca Barni, Myriam Ben Salah, Marco Brizzi, Lorenzo Bruni, Jota Castro, Wlodek Goldkorn, Katia Krupennikova, Morad Montazami, Bonaventure Soh Bejeng Ndikung, Giulia Poli, Luisa Santacesaria, Monika Szewczyk e Pier Luigi Tazzi.

“Il titolo La fine del mondo nasce dalla considerazione che ciò che abbiamo conosciuto finora è obsoleto – sottolinea Cavallucci - La mostra non vuol essere dunque la rappresentazione di un futuro catastrofico imminente, ma insieme presa di coscienza della condizione di incertezza in cui versa il nostro mondo e riflessione sugli scenari che ci circondano. I mezzi, anche concettuali, d’interpretazione della realtà che noi abbiamo conosciuto non sono più in grado di comprendere il tempo presente. Di qui, da questo cambiamento strutturale, nasce un senso diffuso di fine".

Attraverso le opere di oltre 50 artiste e artisti internazionali e con un allestimento che si estenderà sull’intera superficie espositiva del museo di oltre 3000 metri quadrati, la mostra si configura come una specie di esercizio della distanza, che spinge a vedere il nostro presente da lontano. Il pubblico entrerà nella nuova ala realizzata da Maurice Nio – sorta di navicella spaziale atterrata da chissà quale pianeta e pronta con la sua antenna a emettere onde o a ricevere messaggi “cosmici” – e si troverà di fronte a un’installazione dell’artista svizzero Thomas Hirschhorn: un Break Through, uno sfondamento da cui cadono i cascami di un’altra dimensione. Una volta all’interno sperimenterà la sensazione di vedersi proiettato a qualche migliaio di anni luce di distanza da noi, rivedendo il nostro mondo come un reperto fossile, lontano ere geologiche dal tempo presente, spinto a pensare alle incommensurabili distanze cosmiche e ai lunghissimi tempi della storia della Terra e dell’Universo, di fronte ai quali le nostre esistenze sono solo frammenti inconsistenti.

Il percorso raccoglierà interventi di artisti ormai affermati internazionalmente, dal nativo americano Jimmie Durham al cubano Carlos Garaicoa ai cinesi Qiu Zhijie e Cai Guo-Qiang, fino a opere di artisti più giovani come il brasiliano Henrique Oliveira o lo svizzero Julian Charrière con un lavoro realizzato a quattro mani insieme al tedesco Julius Von Bismarck. Non mancheranno poi lavori ormai appartenenti alla storia dell’arte, come quelli di Marcel Duchamp, di Pablo Picasso o di Umberto Boccioni. Ma numerosissimi saranno anche gli artisti giovani e ancora poco conosciuti, molti dei quali provenienti dalle aree geografiche in cui sono presenti forti contrasti e conflitti, come l’Europa dell’Est, il Nord Africa, il Medio Oriente, il Sud America.