Preoccupa il virus sinciziale nei bambini: numeri in aumento, già 20 casi in ospedale

Le norme anti-pandemia hanno indebolito le difese naturali. Il direttore di Pediatria: " Anno di recrudescenza dopo la tregua del 2020"

Al lavoro in ospedale (Foto di repertorio)

Al lavoro in ospedale (Foto di repertorio)

Prato, 13 novembre 2021 - Lo scorso anno, complice la pandemia da Covid e le misure per combatterla, quel virus non si era fatto vedere, tanto che nel reparto di pediatria del Santo Stefano si era contato un calo dei casi del 97% rispetto agli anni precedenti. Ma quest’anno il virus respiratorio sinciziale (Vrs) è tornato a manifestarsi nei bambini da zero ai due anni di età e lo ha fatto anticipando la stagione. Una recrudescenza già segnalata in altri Paesi come Nuova Zelanda e Canada, dovuta al mancato substrato di difese naturali per le norme anti-contagio imposte dal Covid. 

"In genere quel virus compare a dicembre, ma stavolta i primi casi si sono verificati a metà ottobre. In reparto oggi contiamo cinque casi di bambini ricoverati per la malattia scatenata dal virus sinciziale e tre sono stati dimessi nelle ultime ore", dice Pier Luigi Vasarri, direttore del reparto di pediatria al Santo Stefano. "Al momento ne abbiamo già visti una ventina con patologie respiratorie. Si tratta di un virus particolarmente diffusivo, che i più piccoli possono contrarre dai fratelli più grandi o dagli adulti. Non dà neppure un’immunità permanente e scatena una patologia che è una delle principali cause di ospedalizzazione dei bambini".

Quali sono i sintomi? "Si può manifestare con raffreddore tosse. Si possono verificare anche difficoltà respiratorie e talvolta il bimbo smette di mangiare", spiega Vasarri. "Ci possono essere vari livelli di gravità della patologia, che può sfociare in alcuni casi in bronchiolite, l’elemento più caratterizzante di questo virus che colpisce le vie respiratorie". E allora, come curare il neonato per cui è richiesta l’ospedalizzazione? "Nei casi più gravi si deve procedere con l’ossigenoterapia e qualche volta con alti flussi a pressione fino ad arrivare alla ventilazione più evoluta. I bambini maggiormente a rischio sono i prematuri, i cardiopatici, coloro che soffrono di fibrosi cistica e che sono nati con gravi malformazioni respiratorie. Per questo vanno tutelati praticando una prevenzione, utilizzata ormai da una quindicina di anni, con anticorpi monoclonali. Sono in corso altri studi sperimentali per mettere a punto ulteriori anticorpi monoclonali, che permetteranno di fare una prevenzione con una dose unica".

Gli anticorpi monoclonali impiegati oggi per prevenire il Vrs sono a carico del sistema sanitario nazionale e vengono infusi nei piccoli a rischio, seguendo un piano sanitario preciso e praticando una dose al mese da novembre a marzo. Nel futuro della lotta al Vrs ci sono ulteriori prospettive. "Oltre agli anticorpi monoclonali, c’è uno studio in fase tre che prevede la vaccinazione della donna in gravidanza per l’influenza e per il Covid", afferma Vasarri.

"Anche Prato partecipa a uno studio di fase 3 anti Vrs che rientra in un circuito di carattere mondiale. Abbiamo arruolato un paio di mamme per partecipare all’indagine. Un sistema che, se supererà la fase tre in cui se ne testa l’efficacia, permetterebbe al bambino di avere anticorpi già al momento della nascita". 

Una situazione complicata dal Covid. Ma al riguardo c’è una buona notizia: le dimissioni della bambina di 5 anni, alunna della materna di Sofignano, in cui è scoppiato un focolaio di Sars CoV2. "In questo periodo siamo stati assaliti - conclude Vasarri - Nell’ottobre 2019 avevamo 1300 accessi, nel 2021 ne contiamo 1438". Le complicazioni sono legate anche alla carenza di personale nel pronto soccorso pediatrico, con un paio di medici che hanno deciso di lasciare la corsia per diventare pediatri di famiglia e alcuni medici in maternità.