Ucciso dal Covid dopo il trapianto di cuore La moglie disperata: "Vaccinato troppo tardi"

Solo 15 mesi fa il delicato intervento, poi il contagio che risulterà fatale. "Rientrava fra i fragilissimi, perché mai questo ritardo?"

Ucciso dal Covid dopo il trapianto di cuore

Ucciso dal Covid dopo il trapianto di cuore

Prato, 4 maggio 2021 - "Roberto non ce l’ha fatta. Se ne è andato mentre era ricoverato in ospedale. Sono sempre più convinta che questa morte fosse evitabile dal momento che mio marito era un estremamente vulnerabile. Purtroppo è stato vaccinato quando ormai era troppo tardi". La settimana scorsa aveva denunciato sulle pagine de "La Nazione" il ritardo nella somministrazione del vaccino al marito Roberto Camuso, 67 anni, trapiantato di cuore da quasi 15 mesi dopo aver lottato nel 2015 contro un linfoma. E adesso Daniela Luchetti, 63 anni, piange la scomparsa dell’uomo con cui ha condiviso la vita da quel primo maggio del 1978, quando iniziò la loro relazione fino al matrimonio nel 1983 e la nascita dei tre figli: Sara di 36 anni, Alessio di 34 e Chiara di 21.

"L’ultima volta ci siamo visti in videochiamata giovedì scorso, non aveva la forza di parlare. Aveva la maschera per respirare. Insieme ai ragazzi lo avevo incoraggiato a non mollare. Lui ha risposto di sì con la testa - racconta Daniela - ci ha salutato alzando solamente la mano. Poi sabato è scivolato in coma e nella notte se n’è andato". La moglie e i figli sono ancora positivi al coronavirus e non sono potuti uscire di casa per andare alle cappelle del commiato della Misericordia. "Il funerale lo faremo quando potremo essere liberi dal virus. Le sue ceneri torneranno a casa in un’urna a forma di libro e saranno collocate a capotavola, in cucina, dove amava disegnare e dipingere. Di lui ci rimangono due sacchi rossi e un plico, restituiti dall’ospedale: quando ce la sentiremo li apriremo. Si era fatto portare il blocco per disegnare: il disegno a china e con l’acquarello era la sua passione. Aveva messo i soldi da parte per iscriversi alla Leonardo... non ce l’ha fatta...". L’emozione è forte, mista alla rabbia per un epilogo che la famiglia Camuso non avrebbe mai voluto vivere. Daniela ricorda quando si è mossa per mettere in sicurezza il marito, se stessa (anche lei è una fragile) e i figli. "Sono convinta che l’accelerazione per la vaccinazione ci sia stata quando da Padova è arrivato l’elenco dei pazienti trapiantati - spiega Daniela - Non capisco, però, perché i miei due figli non siano rientrati fra coloro da vaccinare come caregiver: dall’Asl mi era stato risposto che erano troppo giovani".Tragica ironia della sorte, ieri è arrivato il messaggio dalla Regione con il quale vengono invitati, in quanto familiari di persona con elevata fragilità, a registrarsi sul portale regionale. "Ormai è tardi", constata con amarezza Daniela e si chiede: "Come mai in aprile i miei figli erano troppo giovani e ora no?". L’incubo per Daniela e Roberto aveva avuto inizio dopo la prima dose di Pfizer, il 6 aprile. "La domenica successiva mio figlio viene avvisato della positività di un collega di lavoro. Si isola, poi va in un albergo sanitario. Purtroppo Roberto inizia ad avvertire i primi sintomi con tosse e febbre. Il 15 aprile viene visitato dal medico delle Usca, che decide per l’ospedale. Chi dobbiamo ringraziare per i ritardi nella vaccinazione? La mia battaglia, di certo, non finisce qui".

Sara Bessi