"Tesoro" dei Rom, congelata la restituzione dei beni

La corte di Appello di Firenze ha accolto il ricorso d’urgenza presentato dalla procura di Prato sul tesoretto dei nomadi

Il pm Lorenzo Gestri e il procuratore Giuseppe Nicolosi Foto Attalmi

Il pm Lorenzo Gestri e il procuratore Giuseppe Nicolosi Foto Attalmi

Prato, 15 gennaio 2019 - Niente soldi, niente case niente buoni postali né polizze. Per ora. La corte di Appello di Firenze ha accolto il ricorso d’urgenza presentato dalla procura di Prato sul caso del «tesoretto» (due milioni e mezzo di euro circa) sequestrato alle famiglie rom Ahmetovic e Halilovic. Il procuratore Giuseppe Nicolosi e il pm Lorenzo Gestri hanno impugnato la decisione del tribunale di Prato che, il 4 dicembre scorso, aveva disposto la restituzione dei beni alle famiglie. La corte di Appello ha ritenuto il ricorso «ammissibile» e ha sospeso l’esecutività del decreto del tribunale di Prato, presieduto da Francesco Gratteri, che aveva revocato i sequestri. Sequestri che lo stesso tribunale aveva disposto nel giugno del 2017 su richiesta della procura e sulla base delle indagini della guardia di finanza, nell’ambito dell’inchiesta «Falsi poveri». Il patrimonio dei rom resta, dunque, bloccato per «evitare il rischio concreto di dispersione», come scrivono i giudici di Appello, visto che è riferibile a persone pregiudicate e a piede libero. La corte di Appello non è entrata nel merito della questione ma lo farà in seguito. Fino a quel punto il tesoretto è «congelato».

Il tribunale di Prato aveva dissequestrato i beni (fra cui conti correnti, case, buoni postali, polizze) sostenendo che, pur trattandosi di pregiudicati, non c’era la certezza che quei soldi fossero provento di attività illecite. Per il tribunale non ci sarebbe correlazione temporale fra le condotte delittuose e l’acquisto dei beni sequestrati: troppa è la distanza temporale. L’impostazione ha trovato il disaccordo della procura che, in tempi record, ha presentato ricorso. L’indagine era partita da una serie di movimenti bancari sospetti: nel corso dei controlli delle Fiamme gialle era emerso che i rom (partendo dalla matriarca Djhula Ahmetovic e da sua figlia Patrizia) disponevano di beni di un valore considerato sproporzionato rispetto al reddito dichiarato.

Le persone a cui sono stati sequestrati i beni sono in tutto 14 e fra queste ci sono molti nullatenenti. La procura aveva richiesto il sequestro nell’ambito delle misure di prevenzione patrimoniale destinate alla confisca che si possono applicare nei casi in cui viene rilevata una notevole sproporzione fra reddito dichiarato e tenore di vita come in questo caso. Il decreto del tribunale di Prato ha sollevato parecchie polemiche anche a livello politico tanto che è intervenuto perfino il vicepremier Matteo Salvini. Non resta che attendere la decisione nel merito da parte della corte di Appello se procedere o no alla confisca. I rom dovranno aspettare ancora.