Tbc: a Prato il record in Toscana

Quasi un caso su cinque. Partiti i vaccini per mille bimbi immigrati

Vaccini contro la tbc

Vaccini contro la tbc

Prato, 15 agosto 2018 - Dei circa 300 casi di tubercolosi in Toscana, l’incidenza maggiore si conferma ancora una volta a Prato e sulla sua provincia. Lo rivela lo studio dello stato di salute dell’Asl Toscana Centro per il 2017. La percentuale di incidenza è di 17.3, anche se, come si specifica nello studio, «l’incremento osservato nell’area territoriale pratese a partire dal 2015 è legato verosimilmente ad un progetto di ricerca attiva dei casi di Tbc nella popolazione migrante».

«La situazione di Prato - afferma Paolo Filidei, dirigente medico Igiene e Sanità pubblica dell’Asl Toscana centro - si mantiene stabile rispetto ad altre realtà regionali. Nell’area pratese si possono contare meno di 50 casi all’anno, oscilanti negli ultimi anni fra i 30 e i 40, sempre in rapporto alla popolazione. Il parametro è di 25 casi per 100mila cittadini». Il dottor Filidei ricorda proprio quel progetto di osservatorio sulla patologia legato al piano lavoro sicuro. «Anche la Tbc negli ultimi anni ha avuto una modifica legata ai flussi migratori. E’ chiaro che l’incidenza nella popolazione straniera è più alta: molte persone giungono da paesi come l’Africa e l’Asia dove la malattia esiste e dove possono averla contratta. Da ricordare che si tratta di una patologia poco contagiosa e che ha una lunga incubazione, anche di trent’anni.

Basti pensare, per esempio, che l’infezione negli italiani colpisce principalmente le persone anziane, che magari si sono contagiate quando la Tbc era più diffusa in Italia: con l’invecchiamento e l’abbassamento delle difese immunitarie è più facile che ci si ammali». Un fenomeno che va controllato, senza creare allarmismo. In questo Prato ha fatto fa apripista con l’osservatorio sulla Tbc e con un forma di prevenzione praticata solo in questa ex Asl. «La vaccinazione è poco efficace - spiega Filidei - Ma a Prato, vista gli alti flussi migratori, è stato istituito un programma di vaccinazione per neonati da genitori appartenenti ad alcune etnie straniere, secondo quanto raccomanda l’Oms. Lo scorso anno, sono stati vaccinati un migliaio di bimbi nati da genitori provenienti da tali Paesi» Nel 2017 il numero di bimbi nati da coppie straniere al Santo Stefano è stato di 961, un dato in controtendenza rispetto al 2016 quando i neonati stranieri e quelli italiani si attestavano su una cifra simile con uno scarto minimo (1261 italiani contro 1241 di altra nazionalità). E per gli adulti quale forma di prevenzione adottare? «La diagnosi precoce resta la forma di difesa principale - aggiunge Filidei - Il malato deve essere identificato, isolato per tempo per praticargli la terapia del caso. Le cure sono lunghe e durano parecchi mesi. Una delle difficoltà è dettata dal fatto che spesso la sintomatologia è sfumata e le persone straniere talvolta non sanno dove andare. C’è chi non si rivolge neppure al pronto soccorso per paura. Ma quello queste persone rappresentano un pericolo per se stessi e per gli altri, specialmente per coloro con i quali stanno a stretto contatto e per lungo tempo in un locale chiuso». Fra le malattie infettive, Prato risulta avere il primato anche per quanto riguarda l’epatite A con una percentuale di 16.1 seguita da Pistoia con 15.

Sara Bessi