Schiavi in fabbrica, condannati imprenditori

Accolti i patteggiamenti dei due titolari e del prestanome dopo il risarcimento agli operai. Confiscati soldi e 105 macchinari tessili

Erano chiamati a rispondere come imputati del reato di sfruttamento lavorativo aggravato dallo stato di bisogno. E così i coniugi cinesi, titolari di fatto della confezione Giulio di Galciana, hanno patteggiato di fronte al gup Francesca Scarlatti una pena di 2 anni e 8 mesi per il marito 56enne e 2 anni e 6 mesi per la moglie 52enne. La coppia è assistita dagli avvocati Tiziano Veltri ed Evelina Kril. Il giudice ha trasformato la misura degli arresti domiciliari per i coniugi in obbligo di firma tre volte alla settimana. Invece, il terzo cinese 40enne, il titolare prestanome assistito dall’avvocato Alessandro Fantappiè, si è visto condannare a un anno e 8 mesi. I coniugi, inoltre, hanno proceduto a risarcire 19 dipendenti fra bengalesi, indiani e pachistani, sottoposti ad un trattamento di sfruttamento lavorativo. Molti di loro, a seguito delle indagini condotte dalla polizia e dagli ispettori dell’Asl, coordinate dal sostituto procuratore Lorenzo Gestri, sono risultati senza contratto, altri con part time, costretti a lavorare 7 giorni su 7 senza il rispetto di condizioni igieniche e di sicurezza.

Una sentenza sul caporalato nel mondo tessile che porta con sè una serie di importanti novità, risultati di una collaborazione stretta fra procura, Asl Toscana centro con il dipartimento di prevenzione, ufficio immigrazione della questura e assessorato comunale alla cittadinanza e immigrazione.

La procura aveva eseguito un sequestro preventivo del valore di 237mila euro a titolo di profitto illecito. Di questa somma è stata disposta la confisca, come pure dei 105 macchinari tessili posti sotto sequestro in quanto ritenuti strumenti usati per commettere il reato di sfruttamento lavorativo.

Il pm Gestri ha chiesto ed ottenuto l’autorizzazione alla vendita dei 105 macchinari di importazione cinese attraverso l’Istituto vendite giudiziarie: i soldi che saranno incassati - secondo una prima stima si potrebbe ipotizzare un ritorno economico di circa 10-15mila euro - confluiranno nel fondo unico di giustizia. Dal canto loro, gli avvocati difensori faranno ricorso per recuperare gli stessi strumenti tessili.

Infine c’è un altro risvolto significativo nella vicenda giudiziaria della confezione Giulio e riguarda direttamente la tutela delle vittime. Infatti, dopo l’intervento della squadra mobile nella confezione di Galciana il 9 febbraio scorso, grazie alla collaborazione tra il Comune, l’Asl e il Centro "L’altro diritto" dell’Università di Firenze, gli operai sfruttati sono stati avviati a percorsi di inclusione e tutela sociale. Primo fra tutti a quello di essere inseriti in progetti di accoglienza di cui il Comune è titolare come Sistema di accoglienza e integrazione e il progetto antitratta della Regione.

Un’occasione che ha come scopo quello di prevenire la ricaduta dei lavoratori in nuovi circuiti illegali. L’ingresso nei progetti può offrire loro un percorso che prevede, oltre all’accoglienza, servizi volti all’acquisizione e al rafforzamento di competenze linguistiche e professionali per un positivo reinserimento nel mercato del lavoro. Al momento è in fase di ultimazione la regolarizzazione delle posizioni contributive e di lavoro.

Sa.Be.