Se il Macrolotto 0 diventa il volano del nuovo turismo / LA NOSTRA INIZIATIVA

Una nuova rubrica per conoscere meglio la comunità orientale. Ogni martedì Miaomiao Huang racconterà ai lettori sogni, ostacoli e voglia di cambiare

Alcuni componenti dell’associazione Ramunion Italia guidata da Luca Zhou Long

Alcuni componenti dell’associazione Ramunion Italia guidata da Luca Zhou Long

Prato, 5 marzo 2019 - Il dialogo possibile passa anche da qui, da questa nuova rubrica che La Nazione di Prato inaugura oggi, affidandola alla penna di Miaomiao Huang, una ragazza cinese che vive a Prato da 21 anni e che rappresenta l’esempio migliore di come sia oggi possibile gettare ponti fra culture diverse. Culture che devono e possono continuare a parlarsi, certo più e meglio di quanto non abbiano fatto finora. «Parte domani China Express, una mia rubrica che uscirà su Prato - La Nazione, in cui proverò a raccontare le trasformazioni in corso nella comunità cinese di Prato», ha scritto ieri Miaomiao sulla sua pagina Facebook per annunciare la novità. «Le cose belle e le cose meno belle, i tanti miti da sfatare e le speranze delle nuove generazioni. Ci provo, sono un po’ emozionata. Faccio bene? Che dite?», ha infine domandato con l’entusiasmo e i dubbi che sono il bello e la forza dei ragazzi della sua età. Raccontarsi e smettere di essere raccontata: come meglio di così si poteva sintetizzare la voglia che una parte della comunità orientale, soprattutto quella più giovane, ha oggi di uscire allo scoperto e farsi conoscere? Questa rubrica vuole dunque essere uno strumento per capire e farsi capire, per conoscere ed entrare in contatto, per lanciare e ricevere messaggi in cui la parola ‘confronto’ sia la stella polare che indica la rotta del futuro. La Nazione lo fa con l’obiettivo di fare la propria parte nel grande processo di trasformazione che continua ad attraversare questa città, così bella e ricca di contraddizioni. Così difficile da comprendere fino in fondo. Gli articoli di Miaomiao saranno piccole e preziose tessere di un puzzle naturalmente più ampio e già ricco dei tanti articoli che quotidianamente dedichiamo al complesso rapporto fra Prato e la comunità orientale. Un modo sempre nuovo di arricchire il costante rapporto con i nostri lettori e con le tanti parti di questa città.

L'articolo di Miaomiao Huang:

Lo chiamano Macrolotto 0, il quartiere dove si è insediata la comunità cinese di Prato. Una porzione di territorio caotica e chiassosa, zeppa di cunicoli nascosti dagli odori inconfondibili e di biciclette che sfrecciano da tutte le parti. Oggi la zona che si sviluppa intorno a via Pistoiese e via Filzi è però profondamente cambiata rispetto al passato.

Quando ero bambina, per esempio, c’era poco e niente. Avevo circa otto anni e mi ricordo le camminate per andare a scuola con mio fratello: sembrava davvero di essere in Cina. Non tanto per l’estetica del quartiere, oggi molto più caratteristica, quanto invece per il clima che si respirava e per le dinamiche di una comunità che allora era molto più chiusa. Quel piccolo angolo di Cina, per certi versi, ti faceva sentire protetta e meno lontana da casa. Adesso è invece tutt’altra cosa e checché se ne dica è sicuramente un quartiere molto più aperto e dinamico di quindici anni fa, per certi versi pure pop. Non riesco a tenere nemmeno più il conto delle tante amiche che hanno aperto e stanno aprendo locali ultramoderni, che di fatto rappresentano l’emancipazione simbolica della mia generazione dai costumi di quelle precedenti. Penso alle innumerevoli enoteche cinesi o alla proliferazione delle tea house, che assomigliano sempre di più agli Starbucks di Londra e sempre meno alle bettole anonime che spuntavano come funghi a metà degli anni ’90. 

La percezione stereotipata del cinese chiuso in fabbrica a cucire vestiti cozza - almeno in parte - con le abitudini delle nuove generazioni, molto più simili a quelle dei coetanei occidentali. Una città nella città, sicuramente un po’ meno protettiva di prima e più ancorata al mondo. Ma nonostante le caratteristiche speciali di questo quartiere pittoresco, stenta a prendere corpo un nuovo immaginario capace di distruggere la bolla asfissiante in cui sembra essere imprigionato. Ma qualcosa potrebbe cambiare. A questo proposito è molto intrigante l’obiettivo dell’associazione Ramunion Italia guidata da Luca Zhou Long, che vuole investire risorse ed energie per trasformare via Pistoiese e dintorni in una China Town paragonabile alle altre più celebri nel mondo, capace soprattutto di rappresentare un volano per il turismo.

Perché mai quel quartiere dovrebbe essere lasciato al degrado e alla fatiscenza quando più cura di alcuni dettagli, maggiore pulizia e la trasformazione dello spazio pubblico potrebbero sprigionarne straordinarie potenzialità oggi sopite? Oltre ad alcuni imprescindibili accorgimenti stilistici, come per esempio la realizzazione di spazi di socializzazione e aree pedonali per trasformare la zona da luogo di passaggio a spazio di vita, servirebbe un radicale cambiamento nelle relazioni tra le culture che abitano il territorio. Maggiore rispetto delle regole da una parte e delle tradizioni dall’altra. E questo può avvenire partendo dai giovani, italiani e cinesi, che sempre di più stanno contaminando costumi e abitudini. E che per esempio, il Macrolotto 0 lo chiamano già come dovrebbe essere chiamato da tutti: semplicemente China Town.