Il tesoro dei Rom. All'arrivo della Finanza partono malocchi e insulti

Il caso Ahmetovic, reati e affari di famiglia. La menmte? La matriarca Djula

Djula Ahmetovic, 72 anni, è la matriarca della famiglia

Djula Ahmetovic, 72 anni, è la matriarca della famiglia

Prato, 22 giugno 2017 - Una delle famiglie più conosciute a Prato, tornata al centro della cronaca dopo la scoperta di un tesoro milionario nelle mani di chi vive in alloggi popolari. Gli Ahmetovic, imparentati con gli Halilovic (altra famiglia nota). Decine di parenti che si intrecciano tra loro con al centro l’unica vera matrona: Djula nata nell’ex Jugoslavia, 72 anni fa, e stanziale a Prato da tempo immemore. Chi non ricorda l’abbraccio in piazza del Comune tra Djula e l’ex assessore al sociale Dante Mondanelli. La donna chiedeva aiuto: era malata e non voleva essere cacciata dal campo nomadi di viale Marconi dove aveva posizionato la sua roulotte abusivamente, fuori dal campo regolamentare. Tanto ha fatto tanto ha detto, che finalmente nel 2015 Djula ha ottenuto il suo alloggio ‘temporaneo’ (così lo definisce il Comune) nel 2015, in via Gobetti alla Pietà, non nella periferia malfamata della città. La figlia Patrizia, 43 anni, ha avuto un’altra casa, in via Di Vittorio a San Giusto. Le due donne dividevano la roulotte in viale Marconi ma di case ne hanno avute una per ognuna (il perché non è dato saperlo) ed entrambe risultavano nullatenenti.

Una dinasty che ha portato la famiglia sulle pagine dei giornali quasi quotidianamente, ma in negativo. A partire da Djula – zingara vecchio stampo che ruba i portafogli al mercato e che ha decine di condanne sulle spalle e diversi procedimenti ancora pendenti –, tutti gli altri componenti della famiglia hanno pagine e pagine di precedenti. Reati che vanno dai piccoli furti agli scippi e alle rapine, all’associazione a delinquere e alla ricettazione.

Tanto per citarne una, Aida Halilovic, convivente di uno dei segnalati, Delija, è in carcere per scontare una condanna per l’omicidio di Mariso Mordini, l’anziano ucciso nel 2009 vicino al vecchio ospedale. Aida, dal carcere, è intestataria di tre beni immobili e di due conti deposito per un totale di circa 100mila euro.

Ieri la famiglia si è mobilitata quando ha visto arrivare i finanzieri. Nella casa di San Giusto – una villetta a due piani in via dei Pioppi con una gigantesca statua di un’aquila di dubbio gusto che campeggia all’ingresso (forse per indicare potenza), sono partite le "maledizioni", improperi e malocchi nei confronti dei militari che stavano eseguendo sequestri e perquisizioni. Carte e santini, poi parolacce e insulti per tentare scacciarli.

Gli indagati hanno fatto a gara per correre in cinque istituti di credito per ritirare i contanti. Peccato, che i conti correnti fossero già stati sequestrati e che nessuno abbia potuto mettere le mani su quel denaro di cui ancora deve essere stabilita la provenienza. Basti pensare che sui conti postali risulta esserci un milione di euro.

Gli indagati hanno una decina di giorni di tempo per dimostrare da dove arrivano soldi e beni vari, altrimenti saranno costretti a sgomberare tra malocchi e fattucchiere.

Laura Natoli