Roberta, la donna che riapriva i teatri

Ricordo appassionato della giornalista che scrisse il libro sulla rinascita del Politeama. Possibile solo grazie alle battaglie di Roberta Betti

Roberta Betti in una delle sue ultime uscite pubbliche

Roberta Betti in una delle sue ultime uscite pubbliche

Prato, 22 gennaio 2020 - Anche stavolta avrà fatto a modo suo, decidendo di chiudere la porta solo dopo aver compiuto gli anni - 89 - di una vita densa e straordinaria come il secolo che ha attraversato. Non era donna che si faceva dire di no Roberta Betti. Lo sanno bene tutti coloro che ci hanno avuto a che fare. Ma anche quando ti faceva arrabbiare, alla fine ti strappava sempre un sorriso. Con la sua scomparsa è come se fosse svanito un po’ anche il sapore di un’epoca dove si poteva essere allo stesso tempo imprenditori e artisti, pratici ma anche sognatori. Costruttori di fortune e generosi mecenati. Roberta Betti è stata una perfetta rappresentante della filosofia anglosassone del “self-made man”. La parola l’avrebbe fatta ridere: “Anglosassone? Io sono pratese”, avrebbe detto. Eppure lei è stata davvero una donna che si è fatta tutta da sola, mettendo insieme intelligenza, caparbietà, dedizione, lungimiranza, coraggio, in un tempo in cui queste non erano virtù da donna per il mondo degli affari. E invece lei, insieme a Elvira, l’altra metà di se stessa, ha creato un impero dal niente, ha saputo amministrare e diversificare, dare lavoro e far crescere tutto ciò che ha toccato. Un fiuto innato per gli affari.

Imprenditrice di razza ma anche donna di cultura, di spettacolo, colonna del Metastasio per tanto tempo, compositrice e anima per decenni della celebre rivista delle pagliette del Buzzi. Sono infiniti i progetti che ha promosso, sostenuto, portato avanti, realizzato nella sua vita. Ma potendo scegliere per cosa essere ricordata, non avrebbe avuto dubbi: il suo adorato Politeama, il teatro che ha voluto e cresciuto come un figlio. Lo ha salvato dalla distruzione certa e lo ha nutrito negli anni, cercando di dargli un futuro anche per quando lei non ci sarebbe stata più. Come abbia fatto a compiere quel miracolo è ancora un mistero. Sta di fatto che con la sua forza e il suo amore per la musica ha convinto i pratesi, le banche, la Consob, gli artisti e tutti quelli che ha incontrato sul suo cammino a contribuire all’acquisto dell’ex Banchini, inventandosi una soluzione stravagante e antesignana come la public company e vendendo le azioni di un rudere. Tale era, negli anni Novanta, il teatro di via Garibaldi, nonostante fosse stato progettato da Luigi Nervi e come tale fosse un monumento. Dopo decenni di chiusura e un destino da supermercato, lei riusciva a sentire ancora là dentro l’eco della lirica, delle riviste, del teatro serio e leggero, dei divi e delle regine dello spettacolo che erano passati su quel palco e del pubblico che vi aveva pianto, riso, applaudito.  Forse perché lei era prima di tutto una musicista, anzi una compositrice. E ciò l’ha guidata, combattendo contro tutte le difficoltà per “restituire ai pratesi il loro teatro”, diceva sempre.

Adesso sembra normale che il Politeama abbia una sua stagione e una sua scuola di musical. Ma che fatica! Me ne sono resa conto stando accanto a lei nel periodo in cui, insieme a Manuela Critelli, ho scritto il libro "Politeama Pratese. Vita, sorte e miracoli di un teatro", che ricostruisce l'intera, straordinaria e irripetibile avventura della riapertura dell'ex Banchini, dalla genesi alla trionfale inaugurazione con Philip Glass, preceduta nel 1996 dal concerto dell'Orchestra Giovanile diretta da Riccardo Muti e la consacrata riapertura del 2 gennaio 1999 con  Tosca di Puccini. Per fortuna ci sono tanti documenti che testimoniano il lavoro e la storia di Roberta Betti col suo teatro, dove forse verrà messa una targa per ricordare la sua musa e paladina. Ma come fece lei con la famiglia di Bruno Banchini, alla quale lasciò sempre una poltrona libera per gli eredi del fondatore del teatro, l’invito è che anche i futuri amministratori lascino sempre un posto in platea per Roberta, che certo non si allontanerà mai più di tanto dal suo palcoscenico. Lei, che per tutti quelli che l’hanno conosciuta, era diventata “la donna che riapriva i teatri”.