Rincari, i prezzi fanno scappare i clienti. E le aziende chiudono reparti per resistere

Tessile tra i settori più colpiti dal caro energia. Imprenditori lanciano l’ennesimo allarme rosso: "Perché la politica resta immobile?"

Rincari (Foto Dire)

Rincari (Foto Dire)

Prato, 27 agosto 2022 - Giovedì il picco massimo del gas che ha sfondato il tetto dei 320 euro alla Borsa di Amesterdam mercato di riferimento per il metano in Europa ha fatto tremare i polsi agli imprenditori del distretto. A fine luglio il prezzo del gas era a 1,80 euro il metro cubo e a fine agosto è di 2,95 euro: molte aziende rischiano quindi di non riprendere la produzione dopo l’estate. O di presentarsi sui mercati internazionali a prezzi non competitivi. O peggio ancora di gettare alle ortiche ordini chiusi nei mesi scorsi che oggi sono carta straccia. La decisione è dolorosa: onorare i contratti a rimessa, aumentare i prezzi con il rischio più che concreto che i clienti si rivolgano altrove? "La Turchia è a pochi passi dall’Italia", chiosa Raffaella Pinori di Pinori Filati.

Il distretto come mai prima d’ora, nemmeno con la crisi devastante che nel 2010 falcidiò migliaia di aziende, è a rischio sopravvivenza. "I prodotti di livelli più ordinari non hanno margini. Questo significa che imprese specializzate in queste produzioni rischieranno il default e che altre imprese che magari si muovono su più livelli circoscriveranno la loro attività solo alla fascia top di gamma", spiega Riccardo Matteini Bresci, che nella sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord coordina il gruppo Nobilitazione e lavorazioni tessili, dove confluiscono le imprese più colpite dai rincari. "Una prospettiva del genere è devastante anche perché è dai grandi numeri delle produzioni di base che si trova linfa finanziaria e tecnica per le fasce più alte. Il costo economico e sociale di dinamiche di questo genere sarebbe drammatico e non è affatto mera ipotesi ma una prospettiva dietro l’angolo".

La prima contromisura alla quale stanno pensando gli imprenditori è chiudere alcuni reparti e lavorare a fasi alternate: una prospettiva devastante per l’economia e quanto mai concreta. "Io stesso, come molti colleghi, sto facendo una riflessione sulla possibilità di circoscrivere l’attività aziendale utilizzando solo parte degli impianti: siamo in molti a ragionare, giocoforza, in questi termini", aggiunge Matteini.

Il distretto lancia l’ennesimo grido di allarme rivolgendosi alla politica sull’onda dell’esempio di altre nazioni che stanno adottando misure per mitigare gli effetti del caro energia. La prima riguarda gli aiuti di Stato diretti alle aziende, prezzi amministrati per parte delle forniture e tetti ai prezzi dell’energia elettrica. "La situazione è estremamente grave e se lasciata a se stessa rischia di portarci al disastro", aggiunge Francesco Marini, imprenditore tessile e componente il consiglio di presidenza di Confindustria Toscana Nord. "L’Italia ha uno dei costi energetici più alti d’Europa e Prato ne sta facendo le spese in maniera pesantissima. In questa situazione ci aspettiamo da parte della politica attenzione massima e immediata. Sia chi siede nel Parlamento uscente sia chi è candidato a entrarvi ci dica cosa intende fare". La prospettiva è devastante e i primi clienti si sono già rivolti altrove: "Non basta più il ticket energetico previsto nei mesi scorsi per far fronte ai rincari perché l’entità del problema è eccessiva per limitarsi a ragionare in questi termini", chiude il grido disperato Maurizio Sarti, presidente della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord, "il rischio è di andare fuori mercato e di vedere i clienti rivolgersi altrove. Clienti vecchi e anche nuovi, quelli che avevamo rivisto o vedevamo per la prima volta dopo che il Covid".