Parkinson, ricercatrice pratese scopre la proteina alla base della malattia

Arianna Bellucci è la scienziata che ha fatto la rivoluzionaria scoperta

Il lavoro di una squadra di ricercatori (foto d’archivio)

Il lavoro di una squadra di ricercatori (foto d’archivio)

Prato, 10 agosto 2018 - Dal quartiere di Santa Lucia alla laurea all’Università di Firenze. Quindi un volo a Cambridge per approfondire i suoi studi e infine l’approdo a Brescia dove, oltre all’amore, la professoressa di farmacologia Arianna Bellucci, 43 anni, pratese doc, ha scoperto, con tenacia e astuzia, qualcosa che potrebbe significare una rivoluzione nella lotta a una delle malattie più odiose e diffuse al mondo, il Parkinson. La ‘chiave’ di tutto sta in una parola. Anzi in una parola associata a un numero: Sinapsina 3. Cos’è?

Tecnicamente si tratta della proteina alla base del meccanismo che porta alla malattia del Parkinson. In sostanza, questa è l’intuizione, in assenza di tale proteina si blocca la formazione dei depositi proteici che innescano la morte di una tipologia specifica di neuroni. Di conseguenza si ferma il processo che porta all’insorgere dei sintomi motori tipici del famigerato morbo da cui sono affette, soltanto in Italia, 250mila persone. E’ una scoperta storica quella compiuta dal team di ricercatori dell’università degli studi di Brescia, coordinato dalla professoressa pratese, associata di farmacologia. Tutto inizia otto anni fa.

«Nel 2010 – spiega Bellucci – abbiamo identificato un accumulo anomalo di Sinapsina 3 nel cervello dei pazienti affetti dal morbo di Parkinson e ci siamo dunque chiesti se questa proteina fosse in qualche modo implicata nella patogenesi della malattia. Così – prosegue la ricercatrice – siamo andati a effettuare degli studi preliminari sui modelli sperimentali».

Anni di studi scrupolosi e dettagliati. Nel 2015 arriva la prima pubblicazione. «C’eravamo resi conto – ci racconta Bellucci – che, in effetti, ‘spegnendo’ la Sinapsina 3, si bloccava la formazione dei depositi proteici che innescano la morte di una tipologia specifica di neuroni». Viene bloccato così, in sostanza, il processo che porta all’insorgere dei sintomi motori del Parkinson. Lo studio, finanziato dalla Michael J. Fox Foundation, la Fondazione privata più importante al mondo nel campo della ricerca sul Parkinson che è stata fondata dal famoso attore statunitense (celebre per l’interpetazione di interprete di Ritorno al futuro), è stato pubblicato sulla rivista scientifica Acta Neuropathologica. C’è anche un pezzo di Prato in questa scoperta che potrebbe accendere nuove speranze per la cura del morbo. «Intanto – conclude Bellucci – sono già in corso sperimentazioni su animali malati».

E. B.