La retta della Rsa era a carico dell'Asl: famiglia ottiene maxi rimborso

Sentenza del giudice del lavoro. L'azienda sanitaria dovrà pagare 65mila euro

Infermiera in servizio

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Prato, 25 luglio 2019 - Un rimborso da 65mila euro da corrispondere ai familiari di un’anziana ricoverata per quattro anni in una Rsa pratese. E’ la sentenza (107/2019) contro l’Asl pronunciata dal giudice del lavoro di Prato, Manuela Granata, che ha accolto la domanda di rimborso dei costi della retta corrisposti per la degenza di una signora ricoverata dal 2012 al 2016 in una struttura di assistenza. Una sentenza di qualche mese fa che adesso l’Aduc, associazione diritti utenti e consumatori, ha pubblicizzato sul sito internet attraverso il proprio legale, Claudia Moretti del foro di Firenze.

«Come più volte argomentato in altre pronunce, i costi delle rette di ricovero non sempre si dividono in quota sanitaria e quota sociale – sottolinea il legale – In molti casi, riguardanti pazienti portatori di gravi patologie ed infermità, i costi, anche di lungodegenza, sono ad esclusivo carico del sistema sanitario nazionale. Anche in quello trattato dal tribunale di Prato si è riconosciuto il fatto che, a fronte di “prestazioni socio sanitarie ad alta integrazione sanitaria” è l’Asl, in questo caso l’azienda Usl Toscana Centro, a doversi far carico del paziente». La sentenza, definita «chiara ed esaustiva» da Aduc, ripercorre le tappe normative storiche nazionali e sovranazionali «attinenti al complicato settore sociosanitario». In particolare Moretti ricorda tre norme fondamentali: «Il decreto legislativo 229/1999 specifica cosa si intende per “prestazione socio sanitaria” e le divide in gruppi a seconda della componente prevalente, sia essa di natura assistenziale piuttosto che sanitaria, con relativi oneri a carico del servizio sanitario nazionale piuttosto che dei Comuni. Il decreto del presidente del consiglio dei ministri di San Valentino del 2011 dettaglia ulteriormente l’ambito di applicazione e l’attribuzione dei costi di ricovero, senza dimenticare infine la Carta sociale europea e la carta dei diritti Fondamentali dell’Unione europea». Secondo Moretti e Aduc «la sentenza è un compendio aggiornato anche dei precedenti delle varie corti che si sono occupate del tema».

In particolare «analizza in concreto le prestazioni rese in struttura alla paziente durante gli anni del suo ricovero per concludere che la stessa (anziana con patologia psichiatrica, decadimento cognitivo ed altro ancora) doveva esser curata a carico del sistema sanitario. Viene dichiarata inoltre “nulla perché priva di causa” l’impegnativa sottoscritta dal figlio». Non tutte le sentenze su casi simili sono a favore delle famiglie e per questo quello di Prato risulta particolare. L’Asl, contattata dal giornale, si è riservata il diritto di replicare dopo aver fatto gli approfondimenti che riterrà necessari.