Quando l’Italia fu travolta dalla peste

I rimedi dell’epoca erano soprattutto di origine alimentare: aceto, succo di limone, spezie e insalata

Pensando al Covid19 risulta facile associarlo alle epidemie dei secoli scorsi. La peste nera fu una pandemia generata in Oriente negli anni Trenta del 1300, pian piano arrivata in Occidente e trasmessa dai topi agli uomini. In Occidente i contagiati assistevano, secondo quanto descritto anche da Boccaccio nel Decameron, alla comparsa di bolle sotto le ascelle e all’inguine che poi si spostavano in tutto il corpo. Gli "appestati" e non, dovevano stare a casa e pure il cibo era un problema: si mangiava poco e male sperando che la peste finisse, invece altri uscivano senza interessarsi della peste, cercando nuovi alloggi per fuggire ai contagi. C’era anche chi usciva con spezie e le annusava per "separarsi" dall’odore della morte. Nella pandemia successiva, divampata in Europa nel 1630, il consiglio era di non mangiare mai a sazietà e di puntare a cibi di buon nutrimento e bevendo poco. Nelle "norme dietetiche" si invitava a mettere nelle vivande aceto, oppure succo di limone, profumandole con spezie tipo cannella, garofani e noce moscata. Fortemente caldeggiato era il consumo di lenticchie, riso, orzo e diversi tipi di insalata e le sommità delle zucche cotte in insalata.