
Giorgio Faletti al liceo Copernico
Prato, 5 luglio 2014 - Fu una lezione memorabile quella che Giorgio Faletti tenne agli studenti del Copernico nel marzo 2007. Si divertirono tutti, fino alle lacrime, i ragazzi, gli insegnanti e chi da curioso si era ‘inbucato’ all’evento con l’attore e scrittore astigiano che fu per una mattinata ospite in città e che ‘profeticamente’ cantò insieme agli alunni "The show must go on", brano cantato quell’anno da Milva a Sanremo e scritto proprio da Faletti, artista geniale che se n’è andato troppo presto e che tornando oggi al Copernico sarebbe il primo a intonare "The show must go on". Ecco l'articolo che il nostro collega Maurizio Sessa scrisse per quell'evento.
di MAURIZIO SESSA
SONO da poco passate le 11. C’è grande attesa nell’aula magna del liceo scientifico Copernico. Tanti studenti, ma anche tanti professori e genitori. Tutti a vedere e sentire di persona Giorgio Faletti che sta per arrivare, è solo questione di minuti. Anzi, a dire il vero è già a scuola, ma si è fermato un momento al bar interno per una veloce colazione. Si è alzato presto per arrivare a Prato da Milano. Si è svegliato alle prime luci dell’alba. Ma dal momento che si trova in una scuola la sua momentanea assenza è «giustificata». Non si fa però attendere più di tanto l’autore di «Fuori da un evidente destino». E’ al Copernico per presentare la sua ultima fatica letteraria, ma anche e sopratutto per assistere alla rappresentazione teatrale che ne hanno ricavato una trentina di studenti di varie classi. Appena entra scoppia il tripudio con applausi da stadio di calcio. Ma dura poco. Una studentessa, Ilenia, si impossessa subito del microfono e davanti a un Faletti a dir poco sorpreso incomincia a intonare a squarciagola «The show must go on», canzone cantata da Milva all’ultimo Festival di Sanremo scritta, guarda caso, dallo scrittore astigiano. Al termine dell’inaspettata accoglienza canora Faletti si ricorda dei suoi trascorsi cabarettistici e rompe il ghiaccio alla sua maniera, con la sua coinvolgente e disarmante vis comica: «Ho l’impressione di aver scelto l’inteprete sbagliata per Sanremo». Battimani a non finire. POI L’ATMOSFERA euforica si stempera e lo scrittore si siede al tavolo assieme alla preside Lucia Napolitano e a Tiziana Bondoni della libreria «Il Gufo» che ha organizzato insieme alla scuola l’incontro-spettacolo. Ma Faletti si sente a disagio, si agita e dopo poco si alza: «Preferisco stare in piedi». E così, microfono alla mano, guardando in faccia il suo pubblico, incomincia a rispondere alle incalzanti domande di studenti e studentesse. Racconta e si racconta. Rivela aneddoti e retroscena legati al suo terzo thriller, che ha già venduto la bellezza di oltre 800mila copie. Mica male per uno partito dal «Derby» milanese e dalla trasmissione televisiva «Drive In» firmata Antonio Ricci nella prima metà degli anni Ottanta. Domande e risposte si alternano per mezz’ora, spaziando a tutto campo, dal suo poker di scrittori preferiti (Twain, Jerome Klapka Jerome, Steinbeck e Hemigway) a personaggi e ambienti del suo nuovo libro, dalla sue passioni (musica, fumetti e West) alla sua vita privata («Mi sono innamorato la prima volta a cinque anni, ricordo di aver sofferto come un cane»). MA IL TEMPO stringe. Il terribile insegnante di lettere in «Notte prima degli esami» andrebbe avanti a braccio, parlerebbe a ruota libera per chissà quanto tempo ancora. Ma è arrivato il momento tanto atteso dai ragazzi, quello di andare in scena. Non stanno più nella pelle. L’istrione deve quindi lasciare il posto, o meglio la scena, ai giovani attori in erba. E’ quanto impone il copione di giornata. E lui accetta di buon grado, passa dall’altra parte della barricata, diventa spettatore di se stesso. E lo fa con attenzione e divertimento, seguendo per oltre due ore la performance approntata dai ragazzi del Copernico. Un allestimento con tanto di cambio di location sul palco, alla living theatre. I ragazzi evidentemente il testo lo hanno davvero «sentito», cogliendone i tratti salienti e il «messaggio» più profondo: il rispetto del rapporto tra uomo e natura alla luce della cultura dei Navajo. Al termine un boato liberatorio segna la catarsi di una giornata particolare. Una volta tanto, lo spettatore è diventato attore. E non tanto per dire con frase fatta. Il finale di partita comunque spetta a lui, a Faletti, che dopo aver a lungo applaudito i ragazzi prende a firmare copie del libro. E così facendo torna dentro il suo evidente destino di scrittore di successo.