REDAZIONE PRATO

Prato, l’anima oltre la crisi politica. La cultura come strada per ripartire

Bernardi lancia una chiamata a raccolta del mondo culturale, partendo dalle radici storiche e dai pratesi illustri .

Bernardi lancia una chiamata a raccolta del mondo culturale, partendo dalle radici storiche e dai pratesi illustri .

Bernardi lancia una chiamata a raccolta del mondo culturale, partendo dalle radici storiche e dai pratesi illustri .

La cultura come viatico per risollevare Prato da una crisi che pare non avere precedenti con il repentino ed imprevisto crollo del governo cittadino ad appena un anno dal suo insediamento. La crisi che porta con sé anche il significato antico di operare una scelta, una decisione. E mai come adesso la città può pensare di attingere linfa buona alimentandosi dalle sue radici storiche e da personaggi che l’hanno resa famosa nel mondo, non solo per la sua operosità manifatturiera. La suggestione è stata lanciata da Walter Bernardi, presidente dell’associazione "Curzio Malaparte, pratese nel mondo", una proposta che può essere da stimolo per le tante realtà culturali cittadine.

"Riscoprire le proprie radici storiche, tornare a valorizzare l’eredità storica dei grandi personaggi pratesi che hanno indicato alla città la via della rinascita nei momenti di crisi, questo è già avvenuto nel corso della storia", sostiene Bernardi che porta all’attenzione due esempi illuminanti: Curzio Malaparte, di cui ieri si è celebrata la ricorrenza dei 68 anni dalla morte, e Francesco di Marco Datini.

L’appello di Bernardi è forte e chiaro: "Il lavoro e l’economia da soli non bastano per riprendere il cammino dello sviluppo e del benessere, Prato deve ricostruire la propria immagine e vendere emozioni insieme ai suoi prodotti, cioè in poche parole unire economia e cultura, chiamando a raccolta tutti quanti amano la città". Una mobilitazione attorno sia a protagonisti ambasciatori di Prato nel mondo sia intorno a date emblematiche dell’identità di un popolo che sono non riti vuoti, ma ponti tra passato e futuro. Momenti in cui la città può riscoprire se stessa, la propria storia e il senso della comunità.

Una rinascita per la quale si chiede la collaborazione anche di tutte le realtà culturali, dai teatri come il Metastasio e il Fabbricone che hanno scritto pagine della storia del teatro nazionale e mondiale, al Politeama, dalle fondazioni ai grandi nomi di artisti passati e presenti.

Al riguardo basti pensare alle forti radici della Fondazione Istituto Internazionale di Storia Economica Francesco Datini, nata per portare avanti gli studi scientifici intorno alla figura di Datini. Un pratese che esattamente 70 anni fece arrivare a Prato due capi di Stato, il presidente uscente Luigi Einaudi ed il successore Giovanni Gronchi per l’inaugurazione della grande mostra dell’archivio Datini al Palazzo Pretorio realizzata da Federigo Melis. Del resto come ricorda Angela Orlandi, direttrice scientifica della fondazione Datini "lo diceva sempre Fernand Braudel: in qualunque parte del mondo gli storici economici di diverse nazionalità si incontrassero, si salutavano dicendosi ’ci vediamo a Prato’. Questo è l’effetto principale della oltre cinquantennale presenza della Fondazione Datini che agisce su due fonti: stimolo e sostegno della ricerca a livello internazionale delle giovani generazioni che trovano a Prato un momento di crescita confrontandosi con gli studiosi più conosciuti".

Ogni anno, in città, nel mese di maggio si incontrano 100-150 ricercatori provenienti da tutto il mondo. Durante la Settimana Datini mostrano i risultati delle loro ricerche, soggiornano nelle nostre strutture recettive, frequentano i nostri negozi. Insomma se per un verso la Fondazione Datini rappresenta un faro nella cultura, dall’altro offre a Prato un indotto che non è soltanto culturale, ma anche di tipo economico.

"Prato è una città ricca di stimoli – conclude Bernardi – con un’eredità culturale da custodire e rilanciare. E una classe imprenditoriale capace di accettare le sfide della globalizzazione, di confrontarsi col mondo reale e di credere nel futuro". Il dibattito è aperto.

Sara Bessi