Porte chiuse e bocche cucite a Chinatown. "Far chiarezza sulla stazione di polizia cinese"

È polemica sul nuovo ufficio. Milone (FI): "Aspettiamo una smentita da Roma". Bartalini (M5S): "Errore di traduzione? Non basta"

La presentazione della stazione di polizia in un comunicato sulle chat cinesi

La presentazione della stazione di polizia in un comunicato sulle chat cinesi

Prato, 6 settembre 2022 -  Il portoncino grigio della Fuzhou Police Overseas Service Station, la stazione di polizia d’oltremare di Fuzhou per i cinesi residenti in città e in Toscana e provenienti dal Fujian, è chiuso. Non ci sono campanelli a cui suonare, ma solamente due targhe esterne: una recante il nome dell’Associazione culturale della comunità cinese del Fujian e una seconda con una scritta cinese, l’orario di apertura (pomeridiano dalle 14.30 alle 18.30) e un numero di cellulare. Siamo lì all’orario giusto, quello di apertura, ma nulla. Servirà un appuntamento? Proviamo a chiedere a chi lavora lì attorno, ma nulla: silenzio. E nessuno, nel quartiere, sa indicarci l’attività che viene svolta al di là di quel portoncino: la prima barriera è quella della lingua, aggiunta alla diffidenza. Eppure Chinatown è inglobata nella città. Il centro storico e la porta Pistoiese sono a pochi metri di distanza.

Attorno all’ufficio di via degli Orti del Pero 2 è scoppiato un caso. A puntare i riflettori su questa realtà un’inchiesta de Il Foglio. Ci sono dei poliziotti cinesi in Italia? Questi uffici sono la longa manus di Pechino? Di certo il nome ‘Police station’ richiama questioni legate alla sicurezza. Ma a rassicurare che si tratti di un ufficio senza poliziotti è stato lo stesso presidente dell’associazione di Fujian che con i suoi volontari (civili) si occupa delle attività di questo centro. "Vogliamo dare una mano alla gente proveniente dal Fujian e che ha bisogno di assistenza amministrativa, come per esempio per il rinnovo della patente di guida o per il visto", ha detto Liu Bingzi a La Nazione.

E rassicurazioni sono arrivate anche dal sindaco Matteo Biffoni, dalla questura e della prefettura. Di sportelli del genere ne sono stati inaugurati tanti, in almeno 21 Paesi nel mondo, dove vivono e lavorano i cinesi della diaspora e che dopo due anni e mezzo di pandemia hanno difficoltà a rientrare nella madrepatria. Eppure questi bureaux funzionerebbero come una stazione di polizia virtuale, forti del collegamento online con lo sportello della polizia di Fuzhou: fatti che vengono riportati anche in articoli, come quello pubblicato su un giornale di Shanghai, The Paper, relativo alla denuncia per frode online fatto da una cinese residente in Canada.

In città non sono mancate le reazioni alla notizia della stazione di polizia cinese in via Orti del Pero. Come quella di Aldo Milone, ex assessore alla sicurezza del Comune di Prato e Responsabile regionale del Dipartimento sicurezza e immigrazione di Forza Italia, che definisce la notizia "sconcertante" e "un’assoluta anomalia perché un ufficio simile della polizia italiana non sarebbe tollerato dal Governo cinese sul proprio territorio". Milone invoca una smentita della presenza di una centrale di polizia cinese (già fatta sia dal questore che dal prefetto proprio sulle pagine de La Nazione, ndr) direttamente "dal Ministero dell’Interno. Altrimenti, come città di Prato ma anche come Paese, rischiamo di fare una pessima figura e soprattutto di apparire come un Paese sotto una sorta di protettorato cinese". Tiene a sottolineare, Milone, che "tutte le etnie sono ben accette in Italia purché vengano per rispettare le nostre leggi, che prevedono diritti e doveri. Inoltre le nostre forze di Polizia sono ben preparate per assicurare la sicurezza a tutti quelli che risiedono sul nostro territorio e non hanno bisogno di aiuto esterno".

Anche Chiara Bartalini, candidata uninominale del Movimento 5Stelle, chiede "un chiarimento preciso e puntuale e non solo rassicurazioni generiche da parte delle autorità competenti sull’attività della stazione della polizia d’oltremare di Fuzhou per i cinesi residenti in città e in Toscana". Per Bartalini appare "semplicistico voler liquidare il tema con un errore di traduzione, troppo spesso abbiamo visto in città una sottovalutazione di ciò che veniva a crearsi fino quando poi non sono emersi casi eclatanti, dai più semplici ‘sacchi neri’ ai gravissimi casi di sfruttamento di manodopera". Il tema di una ‘polizia parallela’ sconosciuta nelle sue ipotetiche funzioni in borghese è estremamente grave e intollerabile". Del resto "in Italia lo Stato c’è e ci si deve rivolgere alle autorità competenti, non ad entità parallele" e quindi Bartalini sottolinea che "è bene far presente ai cittadini stranieri in città che per denunce e atti amministrativi ci sono gli sportelli pubblici che hanno anche mediatori linguistici a cui possono liberamente rivolgersi".

Sara Bessi