Contagi sul lavoro. I numeri Inail: a Prato 711 casi

Lo rivelano le denunce presentate all’Inail. Giusti (Confartigianato): "Dati tutto sommato buoni, difficile il distanziamento ferreo"

Industria manifatturiera

Industria manifatturiera

Prato, 2 febbraio 2021 - A settembre dello scorso anno erano 395 le denunce presentate all’Inail per infortuni sul lavoro da Covid-19. Ma a meno di cinque mesi di distanza da allora le denunce sono quasi raddoppiante, arrivando a quota 711 e consegnando a Prato la maglia nera per numero di contagi in azienda dopo quelli registrati a Firenze e Pisa. Secondo il recente rapporto Inail, la Toscana con 7.177 casi rappresenta il 5,5% degli infortuni Covid sul totale nazionale. Nella provincia di Prato si registrano 711 casi, di cui 537 coinvolgono donne (75%) e 174 uomini (25%) con un’incidenza del 9,9% sul dato totale della Regione. Numeri in costante crescita che avevano già destato allarme nei sindacati tanto che all’inizio di novembre Cgil, Cisl e Uil, avevano chiesto un incontro al prefetto per valutare la situazione. A preoccupare, secondo gli esperti dello studio legale ‘Rödl & Partner’, che ha reso noto il report dell’Inail, le criticità sono da ricercare nei complessi rapporti tra datore di lavoro e autorità sanitarie locali. "L’impasse - secondo l’avvocato Irene Pudda - è dovuta al fatto che il datore di lavoro non è autorizzato a comunicare ai lavoratorio il nominativo di un dipendente risultato positivo. Solo l’autorità sanitaria ha la facoltà di domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali e di contattare i lavoratori per applicare le opportune misure di quarantena". Il rischio, così facendo, è che le aziende lascino operativi interi reparti o uffici con il conseguente pericolo di diffusione del virus, non solo tra i dipendenti che sono stati a contatto diretto con il soggetto contagiato, ma anche tra i loro famigliari e i conoscenti. Un rischio che il presidente della Confartigianato Luca Giusti - calando la riflessione generale sul caso pratese - si sente però di escludere, attribuendo in parte l’incidenza dei dati sui contagi alla natura manifatturiera di Prato, che rende molto complicato un distanziamento ferreo. "Il nostro tessuto produttivo è fatto da un tipo di impresa in cui i contatti tra persone sono quotidiani", spiega Giusti. "I protocolli messi a punto in questi mesi funzionano e garantiscono la sicurezza dei lavoratori. È interesse del titolare di un’azienda e dei lavoratori stessi intervenire prima possibile per evitare che il virus si diffonda. Isolare un caso positivo fin da subito è l’unica strategia efficace". Tra le iniziative messe in campo dalle aziende per scongiurare il diffondersi del Covid (ed è bene sottolineare che ad oggi non si sono verificati focolai in nessuna azienda del distretto) ci sono controlli periodici e costanti: "Le aziende più numerose sottopongono i dipendenti a test costanti proprio per evitare che si verifichino contagi a catena e questo magari porta anche a scoprire casi asintomatici che altrimenti sarebbe rimasti nascosti", aggiunge Giusti. Tesi condivisa dal presidente di Confesercenti Mauro Lassi: "La risposta ai dati sui contagi è contenuta nei numeri di Prato, che è in termini assoluti la seconda della città Toscana per popolazione", dice. "I protocoll i aziendali sono serrati e anche le comunicazioni sono veloci per il semplice motivo che nel caso in cui un lavoratore accusi sintomi sospetti è tenuto a stare a casa e ad avvertire il proprio medico e quello aziendale. L’iter, nella quasi totalità dei casi registrati finora, parte in maniera immediata".