Bachini, il Bruce Lee di Prato a "Pechino Express"

L'attore pratese, esperto di arti marziali, parteciperà al celebre reality che partirà lunedì 7 settembre su Rai Due

Christian Bachini in una posa plastica davanti al Castello dell’Imperatore

Christian Bachini in una posa plastica davanti al Castello dell’Imperatore

Prato, 4 settembre 2015 - "Pechino Express quarta edizione". Il famoso reality show prenderà il via lunedì 7 settembre su Rai Due. Sedici agguerriti concorrenti dovranno attraversare Ecuador, Perù e Brasile, sfidando le peggiori difficoltà. Nel cast anche il pratese Christian Bachini, da anni trasferitosi in Cina per inseguire il suo sogno: diventare la nuova star del cinema delle arti marziali. Sulla carta un traguardo impossibile che Bachini ha raggiunto in pochi anni grazie a coraggio e determinazione.

Che cosa si aspetta da Pechino Express?

Vivere finalmente una avventura vera come vivono i personaggi che interpreto al cinema. Io e il mio compagno di viaggio, due zaini e nient’altro. Sopravvivere e superare le prove che ci troveremo davanti dipenderà solo dal nostro gioco di squadra e dalla nostra preparazione personale.

Come è nata l’idea di partecipare al programma?

Per caso. Mi trovavo in Italia per trattare di co-produzioni italo cinesi, sono stato contattato su Facebook dalla casting manager del programma, che proposto di partecipare. In un primo momento ero un po’ riluttante, poi ho raccolto informazioni: iproduttori mi hanno assicurato che ciò che vedevo era reale al 100%, vera fatica e veri rischi quindi. Dopo tante avventure vissute su pellicola perché non viverne una dal vivo mi sono detto...

Quali sono i concorrenti che teme di più?

Nessuno in particolare. Avere paura degli avversari è controproducente. Bisogna affrontare tutto col sorriso sulle labbra e con la mente sgombra da ogni pensiero negativo.

E quali le difficoltà?

Forse la lingua, col portoghese ci potrebbero essere dei problemi. E poi l’altitudine: a 4000 metri di altezza puoi avvertire difficoltà nel respirare.

Lei forma la coppia degli "espatriati" insieme a Son Pascal, cantante napoletano famoso nel Kazakistan. Si è mai sentito un espatriato?

In realtà io mi sento cittadino del mondo. Dove per me si presenta una sfida interessante, c’è la mia casa. E poi la parola espatriato mi induce a pensare a qualcuno che ha lasciato il proprio paese d’origine contro la propria volontà. Io invece ho lasciato l’Italia perché era quello che volevo. Sognavo la Cina da quando ero molto piccolo: non mi sono mai sentito a casa come a Shanghai. L’Italia ovviamente è la mia terra d’origine e rimarrà sempre nel mio cuore.

Anni fa si parlò di un progetto con Marco Limberti...

Quel progetto mise in moto la mia idea di fondare le due cinematografie e far collaborare la Cina col mio paese d’origine. Mi sta molto a cuore, soprattutto perché Marco è un grande appassionato di cinema di Kung Fu. Diciamo che la troppa ‘toscanità’ del progetto lo ha portato momentaneamente in stand by. E’stata considerata una storia troppo locale per interessare il pubblico cinese. Quello che cercano è qualcosa di più internazionale che fondi al meglio Cina e Italia. Ma io non mollo e ho tanti progetti ancora.

Anche a migliaia di chilometri il suo affetto per Prato non si è mai interrotto…

Assolutamente no! Prato è una città che ha un potenziale enorme. Tra il centro storico, la leggendaria Chinatown e la natura che la circonda… Il mio scopo è quello di far sì che il nome di Prato diventi importante anche nel cinema. In Cina tutti i miei followers e colleghi conoscono Prato. Non manco mai di raccontare della mia città. E ora vorrei fare lo stesso qui in Italia. Vorrei che diventasse presto un set per qualche bel film d’azione. Bruce Lee portò alle orecchie di tutto il mondo il nome di Hong Kong: ecco, io voglio fare lo stessa cosa con Prato.