Paolo Rossi: una foto, quattro amici, tre assist e un dolore

Cabrini, Tardelli e Antognoni, che ora accompagnano Paolo in spalla, offrirono a Rossi le occasioni per firmare a proprio nome il 3-2 contro il Brasile. Fra gioie e presagi della finale contro la Germania

Antognoni, Tardelli e Cabrini portano a spalla il feretro di Paolo Rossi

Antognoni, Tardelli e Cabrini portano a spalla il feretro di Paolo Rossi

Prato, 13 dicembre 2020 - La foto più triste del funerale di Paolo Rossi racconta, a leggerla con memoria e attenzione, le gioie più belle. Complice un taglio, un un'inquadratura che esclude ogni altra figura, l'immagine è assieme, la cronaca di un addio e di due partite del mondiale '82. Al centro sempre lui, Paolo Rossi. Ai lati, chi oggi lo accompagna nella morte, allora consegnò le occasioni per rinascere a quel centravanti di bel passato e incerto presente, all'alba del 5 luglio 1982.

Da destra a sinistra, Cabrini: suo il cross che al 4' di Italia Brasile raggiunse la testa di Rossi. Che segnò e ruppe l'incantesimo di gol e di autostima. Con quell'assist Cabrini, che aveva già segnato  all'Argentina, metterà in banca altro capitale di affetto da parte del mondo e di reputazione verso se stesso. Preziosissimi,  per andare avanti come se nulla fosse, dopo aver sbagliato il rigore con la Germania.  Perché, in una finale, è anche da questi particolari. Al centro della foto, il feretro in legno chiaro. Paolo. Da solo. Il secondo gol al Brasile è suo e solo suo, senza assist.  Rossi intercetta un passaggio in orizzontale  fra brasiliani, di quei passaggi che sono vietati anche all'oratorio, ma che lui  aveva previsto. Ruba palla, s'invola, segna. Merito suo. Solo suo.

Un passo a sinistra, ecco Tardelli. Il volto scavato, lo sguardo in cui  si leggono tutte le notti insonni, di allora per l'adrenalina, di oggi per il dolore.  Oltre al  volto, colpiscono le mani. Avvinte alla bara, quasi volessero scavare il legno e restarvi attaccate per sempre. Per tensione e nervature, mani che parlano, come in un dipinto di Dürer. Tardelli servì a Rossi la palla del terzo gol. Non fu un assist voluto e calligrafico come quello di Cabrini, ma un tiro sbilenco, che sarebbe andato fuori e che il piccolo Re Mida trasformò in oro. Per Tardelli, fu la minuta, la brutta copia del compito da dieci e lode che col medesimo piede, dal medesimo punto, consegnerà contro la Germania, liberando il suo urlo.

Il terzo volto della foto è di Antognoni. Il suo non fu un assist voluto come quello di Cabrini né preterintenzionale come quello di Tardelli. Fu un assist di sacrificio. Segnò, Antognoni, sul 3 a 2. Su passaggio di Oriali segnò ed esultò. Si voltò e vide l'arbitro israeliano Klein annullare per fuorigioco. Dalla stessa zolla, Rossi aveva fatto gol poco prima, alla stessa maniera, ma un brasiliano, un passo più  in là,  rese buona la rete. L'annullamento del gol di Antognoni fu un colpo d'estetica, che lasciò intatta la bellezza del punteggio di misura, prolungò nel presente la pena per il risultato e rese proverbiale la parata di Zoff a tempo scaduto. E allungò per l'eternità il mito di Paolo Rossi unico vincitore del Brasile, intestatario esclusivo del 3 a 2. Come un primogenito che si prende tutta l'eredità. Anche per Antognoni c'è un presagio verso la finale. Il sacrificio di quel gol si ingigantirà  nell'assenza contro la Germania per colpa dei tacchetti di un polacco, che in semifinale gli feriranno il piede. In una foto del gruppo con la Coppa del mondo vinta, Antognoni, con la tuta chiara, sarà il solo a non sorridere. Magari solo in quella foto, ma in quella sì.

Gli amici che ora, in spalla, ne sostengono il corpo, allora ne sostennero così concretamente la resurrezione sportiva. Bello, immaginare che non sia un caso, se Cabrini, Tardelli e Antognoni si siano disposti in quell'ordine, accompagnando Paolo Rossi nell'ultimo viaggio.