"Meglio chiusi che aperti e senza clienti" Bar e ristoranti: presente choc, futuro nero

Gli esercizi pubblici invocano una svolta dopo l’appello-ultimatum lanciato dal presidente Fiepet Confesercenti, Renzo Bellandi "Pronti a tirare giù le saracinesche purché ristori e indennizzi arrivino subito e siano consistenti". Le cene? "Speriamo a giugno"

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"Dopo il periodo pasquale, e passata la metà di aprile, non accetteremo più ulteriori chiusure. Rispettando le regole e con l’adozione dei protocolli di sicurezza costruiti in questo anno, pretendiamo di riaprire tutte le nostre attività e i ristoranti, anche a cena con il servizio al tavolo". Il settore pubblici esercizi è sul piede di guerra, la ‘chiamata alle armi’ viene dal presidente provinciale del sindacato Fiepet della Confesercenti Renzo Bellandi. Una battaglia intelligente e organizzata, però, non frenetica e sconsiderata. Perché bar e ristoranti vogliono sì tornare a lavorare a pieno regime il più in fretta possibile, ma osservando le misure anti-contagio, come peraltro fatto nelle settimane trascorse in zona gialla. Quando poter riaccogliere i clienti ai tavoli ha rappresentato una boccata d’ossigeno, sia per le casse sia per l’animo di gestori e dipendenti, frustrati da un anno in cui le attività del mondo della ristorazione e della somministrazione di alimenti e bevande sono state costrette ad abbassare e ritirare su la saracinesca continuamente. E da quando Prato è passata in fascia rossa, le cose sono ulteriormente peggiorate. "Per strada, almeno qui in centro storico, non si vede proprio nessuno in questi giorni. Ed è giusto così, ma a questo punto mi chiedo perché ci lasciano aperti – è l’osservazione di Francesca Galliano di Zero Caffè in via Giuseppe Garibaldi –. Così andiamo in rimessa, senza contare che gli aiuti economici pervenuti fino a questo momento si sono rivelati insufficienti".

Proprio il fronte ristori è uno di quelli che fa più discutere, anche in vista del Decreto Sostegni ("si parla di aiuti pari al 5% delle perdite", citando Bellandi). "A noi andrebbe bene tenere chiuso fino a che la pandemia non si sgonfia, ma il governo è tenuto a sostenerci – dice Francesco Fratini della trattoria Boves in via de Lanaioli –. Avremmo bisogno che ci dessero una mano soprattutto per quanto riguarda le spese fisse, che invece dobbiamo continuare a pagare". La situazione fra gli esercenti è resa ancora più nervosa dall’incertezza in cui verte la categoria. Perché, al netto dell’appellopromessa di Bellandi, con tanto di auspicato ritorno al lavoro serale (che manca ormai da cinque mesi abbondanti), ci sarà da scontrarsi con le decisioni del governo che al momento non sembra propenso ad accogliere tali richieste di riapertura post Pasqua.

"Non credo proprio che prima di maggio rientreremo in fascia gialla, quindi per il pranzo con i clienti al tavolo dovremo pazientare ancora un po’. La cena invece resta un rebus: la speranza è che per l’inizio di giugno ci diano questa possibilità, perché il nostro lavoro si basa tanto sulla sera", spiega Andrea Mazzetti del wine bar Le Barrique in via Giuseppe Mazzoni. C’è poi chi, più che sulla data di riapertura, si concentra sulle modalità che dovranno essere applicate prima e durante: "E’ fondamentale vaccinare più gente possibile: solo così si creeranno le condizioni per un allentamento delle misure restrittive – il pensiero di Franco Gaudenzio del Caffè Magnolfi nell’omonima via e di Gionata Chirdo della pizzeria Il Crazy in via Santa Trinita – . Inoltre, ci sarà bisogno di mantenere dei controlli efficaci, onde evitare di far esplodere nuove ondate. No, stavolta non dovrà essere un bomba libera tutti"".

Francesco Bocchini