Matteini: prepensionamenti per il tessile "E spazio alle migliori energie dei giovani"

L’industriale: "Siamo alla resa dei conti, il distretto deve cambiare. La mia ambizione? Lottare per dare un futuro ai ragazzi. Prato è fantastica e saprà cogliere anche le opportunità di questa pandemia. Servono innovazione e coraggio, la rendita è finita"

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di Anna Beltrame

Il dossier di Cgil e Pin parla di 1500 posti lavoro perduti nei primi nove mesi dell’anno, di salari e stipendi falcidiati dagli ammortizzatori sociali, di mercati stagnanti. I sussidi di Stato prima o poi termineranno, finirà il blocco dei licenziamenti, ma non è detto che il lavoro possa tornare. Il mondo non girerà come prima. E qui, nel più grande distretto tessile d’Europa, che sul lavoro e la capacità di impresa ha costruito la sua storia e le sue fortune, cosa succederà? Riccardo Matteini Bresci, Gruppo Colle, leader mondiale nel settore della tintura delle fibre tessili, oltre le nubi fosche e i giganteschi problemi, intravede il raggio di una luce possibile.

Prato una polveriera sociale?

"Stiamo arrivando al dunque. Un amico, importante, che conosce molto bene la situazione del sistema moda in Italia, ipotizza nei prossimi mesi una riduzione del numero degli addetti intorno al 30 per cento".

Tradotto per il nostro distretto?

"Se il vero numero degli addetti è 25mila, sono 7500 posti di lavoro. Moltiplicati, facciamo per tre, che possono essere le persone che dipendono da quei redditi, sono 22.500 pratesi in ginocchio. Un’emergenza sociale. Sento dire ’quando l’economia ripartirà’, come se tutto o quasi potesse tornare come prima. E invece niente sarà più come prima".

Cosa pensa si debba fare?

"La prima cosa è guardare la realtà. Prenderne atto. La seconda chiederci cosa possiamo fare, magari col supporto di persone esterne al distretto, che abbiano già affrontato situazioni di crisi di queste proporzioni in altre aree, e confrontarci a livello di sistema sulle strade da imboccare. La terza individuare gli strumenti necessari a percorrerle, in dialogo con le istituzioni".

Che idee si sta facendo?

"Non sono un oracolo, non ho soluzioni in tasca. Penso che ristrutturazioni e fusioni saranno necessarie, che il sistema di filiera debba essere modificato e che dobbiamo confrontarci su questo, mettendo insieme le migliori capacità di analisi e le competenze che servono. Sono convinto che il Covid, paradossalmente, possa anche offrirci occasioni di cogliere".

Ad esempio?

"Stiamo diventando vecchi nelle aziende. I giovani migliori, che prima del Covid se ne andavano altrove, adesso sono un po’ in gabbia. Ecco, cerchiamo di portarli nel nostro lavoro, portiamo la loro freschezza nelle aziende. E’ necessario. Abbiamo il dovere di pensare al loro futuro, che invece stiamo sacrificando. Per fare questo servono strumenti. Credo che introdurre la possibilità di prepensionamenti nel tessile sia una strada: lo hanno fatto per le banche, lo rendano possibile anche per il tessile, che è un settore fondamentale per quel che resta dell’economia italiana".

La battaglia potrebbe partire da Prato?

"Il presidente di Confindustria Bonomi dice che se pensiamo di assistere tutti, non ce la faremo mai. E sono d’accordo con lui. Credo che ognuno di noi abbia cose a cui tiene e molto dipende dall’età della vita. Quando sei giovane hai energie, voglia di imparare e di scoprire, di realizzarti in quello che fai, di avere in qualche modo successo. Per tanti di noi imprenditori pratesi il successo non è stato la ricchezza, ma vedere bella la nostra azienda, questa è l’ambizione che ci ha spinto. Io oggi ho 62 anni e l’ambizione è diventata un’altra: dare un futuro ai miei figli, ai giovani che già lavorano con me, a quelli a cui vorrei offrire opportunità di lavoro".

La pandemia ha accelerato i tempi per la svolta digitale nelle aziende.

"E’ così. A maggior ragione spazio ai giovani: immaginiamo Prato come un hub digitale, che porti linfa innovativa in campionari, logistica, relazioni. Perché c’è un problema di domanda e di mercati, ma anche di capacità di innovare. Oggi se non si cambia e non si cresce, si muore. La rendita oggi è più a rischio della manifattura. Lo sottolineo: la rendita finisce".

Che ruolo pensa debba avere Confindustria, da cui lei se ne andò tre anni fa?

"Via Valentini ha un ruolo cruciale. Non esiste impresa senza associazione, all’interno della quale il confronto, anche la discussione accesa, possono portare le soluzioni migliori per il bene di tutti. Con via Valentini siamo costantemente in contatto: c’è sempre stata capacità di interlocuzione, oggi c’è maggiore attenzione".

Nonostante il Covid e la grande crisi, ha fiducia?

"Io ho paura del Covid, con tutte le sigarette che fumo poi... Ma non ho paura di vivere e di lottare per quello in cui credo. E io credo ancora nel nostro lavoro e nella nostra fantastica città. Mia mamma diceva sempre che il bisogno aguzza l’ingegno. Ecco, voglio ancora immaginare Prato che si reinventa di nuovo. Grazie alle energie, alle idee, alla creatività dei suoi giovani migliori".