"Luana morta per pochi euro in più. Ora processate quelle tre persone"

Prato, l’inchiesta è chiusa. Gli investigatori: "L’orditoio non era in sicurezza per aumentarne la produttività"

Luana D’Orazio

Luana D’Orazio

Prato, 6 settembre 2021 - Luana D’Orazio, l’operaia di 22 anni, mamma di un bimbo di 5, stritolata dall’orditoio, è morta per pochi spiccioli. E’ l’amara conclusione cui è arrivata la guardia di Finanza di Prato incaricata dalla procura di eseguire una stima sul possibile profitto che avrebbe ottenuto l’azienda dalla manomissione del macchinario. Una verifica sulla produttività e sulla redditività derivante dalla manomissione. Secondo quanto accertato dalle fiamme gialle, il blocco del cancello di sicurezza all’orditoio di Luana avrebbe fruttato solo l’8% di produzione in più rispetto a un macchinario che, fra l’altro, era usato solo per la campionatura. «Non siamo in grado di stabilire se a questa manomissione si accompagni un profitto economico» che in qualsiasi caso sarebbe infimo, concludono i finanzieri.

Dopo aver ricevuto la relazione della Finanza, la procura ha chiuso le indagini sulla morte della ragazza, avvenuta il 3 maggio nell’«Orditura srl» di via Garigliano a Montemurlo (Prato), dove Luana lavorava come apprendista da circa due anni. In queste ore partiranno le notifiche ai tre indagati, individuati dopo l’incidente mortale. Sono la titolare dell’azienda, Luana Coppini, il marito Daniele Faggi, considerato dagli inquirenti il gestore di fatto dell’orditura anche se sulla carta risultava un dipendente e il tecnico manutentore che avrebbe eseguito la manomissione, Mario Cusimano. Per tutti le accuse sono di omicidio colposo e rimozione dolosa della cautele antinfortunistiche. Una volta ricevuta la notifica di chiusura indagini, avranno 20 giorni per chiedere di essere interrogati, se lo vorranno, o per presentare una memoria difensiva. E’ stato soprattutto il secondo reato contestato quello su cui la procura di Prato ha disposto più accertamenti. Lunga e complessa la perizia sul macchinario.

La relazione del consulente tecnico – che ha chiesto il rinvio dei termini per ben due volte – ha stabilito che l’operaia è morta a causa della manomissione. Luana ha avviato il macchinario in modalità automatica (chiamata «lepre») alle 9.45. Alle 9.46 la ragazza si è spostata vicino al subbio (il rullo su cui si avvolge il filo prima di fare l’ordito) dove resta agganciata a una sbarra che sporge più del dovuto e che la risucchia dentro al motore tirandola per la maglia, la felpa e i leggins. Il corpo della giovane ha girato per due volte «in un abbraccio mortale» come ha scritto il perito, insieme all’albero del subbio. Dopo 7 secondi un collega è intervenuto spegnendo il macchinario con il pulsante di stop. Troppo tardi: Luana è morta sul colpo per lo «schiacciamento del torace» come ha dimostrato l’autopsia. Se il cancello di protezione fosse stato abbassato come dovuto, la giovane non si sarebbe trovata in quella posizione pericolosa. La serie di manomissioni sul macchinario, secondo il perito, hanno creato il nesso causale con la morte della ragazza.