Luana, chiesto il processo per i tre indagati "Sapevano della manomissione sull’orditoio"

Confermate le accuse di omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche per la titolare, il marito e il tecnico

Tre richieste di rinvio a giudizio per la morte di Luana D’Orazio, l’operaia di 22 anni, mamma di un bambino di 5 anni e mezzo con il sogno di diventare attrice, stritolata dall’orditoio a cui stava lavorando in un’azienda di Montemurlo il 3 maggio scorso. Il pm Vincenzo Nitti ha depositato le richieste di rinvio a giudizio, a soli sette mesi dalla tragedia, per la titolare dell’Orditura A srl di via Garigliano, Luana Coppini, per il marito Daniele Faggi (entrambi difesi da Alberto Rocca e Barbara Mercuri), considerato il gestore di fatto della ditta, e per il tecnico manutentore Mario Cusimano (difeso da Melissa Stefanacci). In sostanza sono i tre indagati iniziali (Faggi venne indagato una ventina di giorni dopo l’incidente) a cui la procura ha contestato fin da subito l’omicidio colposo e la rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche, reato quest’ultimo che complica non di poco la posizione dei tre indagati. Le difese avranno tempo fino all’udienza preliminare per poter chiedere un rito alternativo, richiesta che al momento non è ancora arrivata.

"Vedremo il da farsi – ha spiegato l’avvocato Rocca – anche se per il momento non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione dalla procura. Restiamo della nostra opinione: la perizia ci lascia perplessi, non condividiamo la ricostruzione dell’evento e soprattutto le conclusioni a cui è giunto il perito, un ingegnere e non un medico legale. Inoltre, la nostra assistita si è assunta le sue responsabilità rendendo un proficuo interrogatorio in sede di indagini preliminari".

La perizia dell’ingegner Carlo Gini è stata molto dibattuta in questi mesi. Il consulente della procura, nei vari sopralluoghi eseguiti all’interno della ditta, ha accertato che il macchinario a cui era addetta Luana, un orditoio da campionatura, non era in regola. In particolare, per l’accusa, è stato manomesso il cancello di protezione che serve a mettere in sicurezza l’operaio durante la fase della lavorazione veloce (detta "lepre"), ossia quando dopo aver montato i fili sul subbio, la macchina comincia a girare ad alta velocità per realizzare l’ordito. Secondo quanto affermato dal consulente, il macchinario girava anche senza il cancello di protezione abbassato, cosa che sarebbe impossibile se i sistemi di sicurezza avessero funzionato regolarmente.

Luana sarebbe stata agganciata per la maglia da una staffa sporgente che l’avrebbe trascinata dentro gli ingranaggi del macchinario schiacciandole il torace (come ha stabilito l’autopsia) in un "abbraccio mortale" durato pochi secondi. Il consulente ha anche affermato che la fase di lavorazione in cui si trovava Luana prima di essere risucchiata dentro l’orditoio era proprio quella veloce, indicando quindi il nesso causale fra la morte della ragazza e la manomissione. Se la serranda di protezione fosse stata abbassata, l’operaia non sarebbe finita dentro la macchina. La ricostruzione adesso dovrà passare al vaglio di un giudice.

Laura Natoli