La strana festa a un anno esatto dal lockdown Meno lavoro e più rischi: la crisi delle donne

Oltre mille posti perduti, più contagi e stipendi tagliati. Cisl e Uil: "Stanno facendo miracoli a tenere tutto insieme, difficoltà dei figli comprese"

lavoro

lavoro

Era la sera fra il 7 e l’8 marzo dell’anno scorso e tutta Italia si ritrovava col fiato sospeso davanti alla tv ad ascoltare l’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte che annunciava quello che da lì a poco sarebbe stato un lockdown totale per il Paese. Una data simbolica, visto che l’8 marzo è la giornata internazionale dei diritti della donna, e che a un anno dall’inizio dell’incubo pandemico rende ancora più attuale la domanda: com’è cambiata la situazione lavorativa delle donne? Definire preoccupanti i numeri è riduttivo. A Prato si stima che oltre mille donne abbiano perso il posto di lavoro dallo scorso marzo a oggi.

Sono soprattutto under 50, persone con un contratto a tempo determinato o part time, con poche tutele e con orari che mal si conciliano con i nuovi tempi della famiglia. Perchè raccontandolo con le parole della delegata di Prato della Cisl Erika Caparrini "le donne nell’ultimo anno con un orecchio erano in smart working e con un occhio si accertavano che i figli seguissero regolarmente le lezioni della didattica a distanza. Augurandosi che in casa ci fossero computer a sufficienza per conciliare contemporaneamente sia la scuola che il lavoro". Ma le donne hanno pagato il prezzo più caro non solo a livello di perdita di posti di lavoro, ma pure come conseguenze del contagio. A Prato, secondo l’Inail, il 75% degli infortuni sul lavoro da covid ha riguardato le lavoratrici. In Toscana invece il dato si attesta sul 73,5%. "Questo accade per la natura del lavoro svolto - spiega la segretaria regionale della Uil, Annalisa Nocentini - I più colpiti dal covid in servizio sono stati i tecnici della salute, come logopedisti e fisioterapisti, poi i medici, gli infermieri, gli oss. E ancora gli addetti all’istruzione e gli impiegati in segreteria. Tutte attività che per lo più vengono svolte da donne". Poi c’è il problema delle tutele, perché secondo i dati in possesso dei sindacati il 60% delle lavoratrici ha un contratto part time "involontario" cioè sono costrette ad accettare un lavoro non a tempo pieno. "Minori tutele e un compenso non adeguato fanno sì che siano soprattutto le giovani donne a rinunciare al posto di lavoro pur di seguire i figli – prosegue Nocentini – Prima il problema era quello di arrivare alla pensione, perché c’era da badare ai genitori anziani. Adesso con il covid bisogna seguire i figli piccoli nel loro percorso con la didattica a distanza".

Le previsioni degli istituti di ricerca a livello regionale sono estremamente negative. Si calcola che in tutto il 2021 ci sarà una ulteriore perdita del 13,5% di contratti a tempo determinato in Toscana, riguardanti per lo più le donne e il lavoro giovanile. "Questi sono posti persi che non torneranno più - lancia l’allarme Nocentini - Va ripensato tutto il sistema di welfare, perché le donne devono potere contare su servizi adeguati fra Rsa, scuole, cure intermedie e non autosufficienza. Solo così non dovranno più scegliere fra il lavoro e la famiglia".

Altri due fronti aperti sono quelli degli stipendi e della cassa integrazione. Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali a Prato il 55% delle richieste proviene da lavoratrici: "Questo perché sono impiegate in settori come le confezioni o i servizi che hanno risentito di più della crisi", sottolinea il segretario generale della Cgil, Lorenzo Pancini, che però pone anche il problema dei salari. "A parità di condizioni lavorative le donne hanno uno stipendio più basso rispetto ai colleghi uomini. Va ricostruito tutto il sistema, a partire dalla formazione e dall’incrocio fra domanda e offerta di lavoro, consentendo pari opportunità negli inserimenti in azienda e nei percorsi di carriera". Caparrini della Cisl, però, vuole vedere anche il lato positivo della pandemia. "Ha fatto emergere tanti problemi e ha fatto capire a tutti la necessità di adeguate tutele – conclude – Ma è venuta fuori soprattutto la forza delle donne, che hanno mostrato una grande capacità nel tenere insieme ogni ambito delle loro vite".

Stefano De Biase