La fuga dei camici bianchi "Vi spiego questo caos"

La riflessione di Nannicini (medicina generale) in una lettera al giornale "Dalla formazione al lavoro è una corsa a ostacoli. E la burocrazia, che nemico"

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Federico Nannicini, medico di medicina generale, prova, in una lettera alla Nazione, ad andare all’origine del caos medici scoppiato con particolare forza in questa torrida estate. Ne riportiamo qui i passaggi più significativi. Nannicini parte dal primo scalino: la formazione. "Il primo problema è strettamente numerico – scrive – . Aver ingabbiato da tanti anni in un numero chiuso gli studenti di medicina ha portato a un drastico calo dei medici. Costringere chi si iscrive a medicina a passare attraverso un concorso basato su domande a quiz può darsi che abbia fornito un ottimo numero di papabili ospiti di Gerry Scotti, ma non è detto che abbia fornito buoni medici. La medicina è passione, arte, e anche scienza, non è nozionismo. Comunque sappiamo che tanti ragazzi partono in un numero prestabilito ma non sappiamo quanti poi di questi effettivamente si laureino. Sicuramente un numero inferiore. E nessuno di chi molla verrà mai rimpiazzato. Per assurdo potrebbero mollare tutti e per quell’anno non ci sarebbero laureati. A mio parere la selezione dovrebbe essere naturale, non con un accesso che potrebbe favorire chi conosce tutti i faraoni d’Egitto, ma poi vede una goccia di sangue e sviene". C’è poi il dopo laurea, quando il medico ha davanti a sé più strade: dalla specialistica alla medicina generale alle mansioni medico-amministrative.

"Fare lo specialista significa studiare almeno altri 45 anni in più, fare ‘lo schiavo’ in quel reparto poco pagato e molto sfruttato in barba a tutte le leggi per la carenza di personale. I maestri che insegnano sono pochi e l’esperienza ci si fa sul campo", aggiunge. Poi la scelta può cadere sul rimanere in ambito pubblico o fare il privato. "Da un lato la certezza di avere uno stipendio e la sicurezza di ferie e malattie ma anche la certezza di uno stipendio modesto rispetto ai colleghi del resto del mondo e la sicurezza assoluta di turni massacranti notti e festivi compresi. Dall’altra ti metti sul mercato e se sei bravo bene altrimenti…", analizza.

C’è infine la strada dei medici di medicina generale: Nannicini evidenzia una grande differenza col recente passato. "Un tempo ai medici pensionandi dovevi togliere la sedia, adesso è la fuga ad andare in pensione e chi non ha ancora la possibilità ha il pallottoliere per contare i giorni". Un’aspettativa differente perché "fare il medico di medicina generale significa avere un contratto di convenzione con l’Asl. Cosa significa? Che non sei dipendente ma semiliberoprofessionista. Niente ferie, niente malattia, niente tredicesima. Le spese sono tutte a carico tuo, dall’affitto ai beni strumentali di lavoro, se vai in ferie o ti ammali devi trovare qualcuno al posto tuo pagato da te, non puoi tirare giù il bandone. Si chiama interruzione di pubblico servizio. Ed è un reato. Se fai il tuo lavoro con coscienza hai pochissima vita privata".

Un paragrafo a parte Nannicini lo dedica ai lacci della burocrazia. "Il 40% del nostro tempo, ma forse di più, è in pasto a questo mostro". Altro problema per la categoria medica è il penale. "Nel mondo solo tre stati giudicano l’attività medica attraverso il penale: Messico, Polonia e l’Italia. Nessuno di noi esce di casa con l’idea di commettere reati ma solo la paura che ci accompagna in sottofondo non ci rende sereni". Infine il rapporto con i pazienti. "Ormai molti arrivano dopo aver letto tutto e si presentano con tono di sfida. Non è un bel clima". Un’atmosfera che spinge i dottori a trasferirsi all’estero - Inghilterra, Francia, Germania, Stati Uniti - "ma pochissimi a provenire da queste nazioni per lavorare da noi". Per Nannicini alla base di tutto questo ci sta la politica con un pizzico di sindacalismo ottuso. "Le soluzioni? – si chiede – Ci sono ma necessitano di scelte impopolari e complesse: basta volerle".