La fabbrica dei permessi di soggiorno falsi Pesante condanna alla mente del sistema

Sei anni e 9 mesi per il commercialista Alberto Robbi. Offriva pacchetti all inclusive che potevano costare fino a tremila euro

Migration

Sei anni e nove mesi di reclusione oltre all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. E’ la pesante condanna arrivata ieri al termine di un lungo processo – durato cinque anni – a carico del commercialista veronese Alberto Robbi, 53 anni, che aveva uno studio anche a Prato, finito agli arresti domiciliari nel 2016 nell’ambito della prima grande inchiesta della Procura sulla presunta connivenza fra professionisti italiani (i "colletti bianchi", come venne ribattezzata l’inchiesta) e cittadini di origine cinese alla ricerca di una scorciatoia per ottenere il permesso di soggiorno. Il pm titolare dell’indagini, Lorenzo Gestri, aveva chiesto una pena leggermente più severa: otto anni. Robbi doveva rispondere di associazione per delinquere, truffa, falso ideologico per aver creato ad arte i documenti necessari ai cittadini cinesi per il rinnovo del permesso di soggiorno.

Una inchiesta lunga e difficile che ha portato nei guai altri professionisti e il cui iter non si è ancora concluso. Il socio dello studio pratese di Robbi, il cinese Zhong Rongchang, era già stato condannato in rito abbreviato a cinque anni mentre un altro consulente del lavoro, il pistoiese Filippo Rosini, è in attesa che inizi il processo dopo il rinvio a giudizio arrivato nel maggio scorso, a sei anni esatti dalle misure cautelari. Per lui e per un’altra cinquantina di imputati, quasi tutti cinesi, le accuse sono di truffa, falso ideologico e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Altre posizione, invece, risultano già prescritte. L’inchiesta sui "colletti bianchi" è stata la prima di una lunga serie (fra le ultime c’è "Easy Permit" della Guardia di finanza con oltre 200 indagati) che poi sono state portate a termine in questi anni dimostrando come esista a Prato una connivenza (una "palude" come spesso l’ha definita il procuratore Giuseppe Nicolosi) fra professionisti e cittadini orientali per aggirare regole e fabbricare documenti fittizi. L’inchiesta è partita dalla maxi operazione della Guardia di Finanza, che nel 2016 ha portato all’arresto di 15 persone, a 19 misure interdittive e 83 indagati, per un giro di permessi falsi che venivano rilasciati grazie alla documentazione falsa preparata dai due studi contabili, quello di Robbi e, secondo l’accusa, anche quello di Rosini. Secondo quanto emerso dalle indagini, gli studi gestivano più di duemila aziende cinesi operanti a Prato, per le quali fornivano le prestazioni di consulenza. Erano loro che suggerivano agli imprenditori cinesi – molti finiti nell’inchiesta – come fare ad aprire e chiudere le aziende individuali, come preparare le buste paga false per il rilascio di permessi di soggiorno o le dichiarazioni di ospitalità per dimostrare che quei cinesi erano inseriti nel tessuto sociale del territorio.

Documentazione di cui l’ufficio immigrazione della Questura controllava la completezza formale senza, però, fare altre verifiche a causa dei carichi di lavoro imponenti e alla mancanza di personale. Durante il processo a Robbi è emerso che l’Ufficio Immigrazione della Questura riesce a controllare fattivamente solo il 3% delle richieste presentate. La prima grossa indagine sui colletti bianchi ha, inoltre, messo in luce la formula dei pacchetti "all inclusive" che veniva offerti dallo studio che faceva capo a Robbi. Una sorta di tariffario "tutto compreso" con il quale venivano forniti i documenti (buste paga, assunzioni fittizie, bilanci, 740) che poi venivano prodotti alla Questura. Kit tutto compreso che potevano arrivare a costare fino a 3.000 euro.

Laura Natoli