Infermiera infettata da una siringa. Ministero condannato a risarcirla

L’epatite si aggrava: il giudice concede l’indennizzo finora negato

Infermieri e un medico al lavoro (foto d'archivio)

Infermieri e un medico al lavoro (foto d'archivio)

Prato, 4 ottobre 2018 - Aveva contratto l’epatite mentre era al lavoro. L’infermiera (A. M. le sue iniziali) ancora in servizio all’ospedale di Prato, era stata punta a un dito, per errore, da un medico che stava eseguendo una trasfusione di sangue a un paziente. Così aveva contratto la terribile malattia cronica. Era il 1991. L’indennità le era stata riconosciuta, ma nel 2010 le sue condizioni di salute si sono aggravate tanto che la donna chiese una rivalutazione dell’indennizzo che le spettava. Ma il Ministero della Salute non le ha voluto riconoscere nulla, rigettando la richiesta. E’ durata otto lunghi anni la battaglia legale dell’infermiera che adesso, di fronte al tribunale di Prato, ha ottenuto ragione contro il Ministero condannato a rifonderle tutti gli indennizzi assistenziali persi dal 2010 a oggi, oltre alla rivalutazione monetaria, gli interessi e le spese legali.

Si è concluso così il procedimento che ha visto l’infermiera pratese, assistita dall’avvocato Giovanni Ligato, contro il Ministero romano. La donna aveva presentato la richiesta di aggravamento della malattia al Ministero della Salute dopo aver ottenuto una perizia di parte dal medico legale Brunero Begliomini, nella quale il dottore descriveva la natura della malattia e le precarie condizioni di salute della donna. Il Ministero, però, aveva rigettato la domanda ritenendo che non vi fossero gli estremi per riconoscerle quell’indennizzo, anche perché non c’era stata la «perdita reddituale», avevano specificato e la perizia non era stata allegata alla domanda. La donna, a quel punto, era ricorsa alla commissione medica ospedaliera di Firenze che, però, a sua volta, aveva bocciato la pretesa dopo aver avuto il parere negativo dello stesso Ministero. Era il 2014. La donna non si è data per vinta e ha fatto causa.

«E’ stata fondamentale la perizia del dottor Begliomini – ha detto il legale – Il giudice ci ha dato ragione dopo aver nominato un altro perito, la dottoressa Luciana Sonnellini, che ha confermato l’aggravamento della malattia della mia assistita. E’ una sentenza importante perché l’indennizzo che le è stato riconosciuto non ha titolo di risarcimento ma le è stato dato a livello assistenziale, come ha specificato il giudice nella sentenza. La signora ha avuto tantissimi problemi e la vita rovinata dopo l’infortunio».

Il giudice di Prato, Manuela Granata, ha accolto le eccezioni del legale prendendo atto «dell’esistenza dell’aggravamento della patologia già riconosciuta a cominciare dalla domanda dell’agosto 2010», si legge nelle sentenza. «Un anno fa avevamo chiesto un indennizzo di 69mila euro – prosegue il legale – Il giudice non ha però indicato la cifra. Da tabella si arriva fino a 85mila euro circa, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi. Si tratta sicuramente di tanti soldi, anche se la somma esatta deve essere ancora fissata». Laura Natoli