Il tessile trema di fronte a quota 103 Nelle aziende si teme il grande vuoto

Mancano già duemila operai per coprire il fabbisogno dell’ultima parte dell’anno, nel 2023 andrà peggio. Sarti (Confindustria): "Le uscite anticipate per la pensione complicheranno un quadro già difficile"

Migration

E’ sempre la stessa storia. Il ritornello non cambia da qualche anno a questa parte: il tessile ha fame di forza lavoro, le nuove leve non si trovano anche per una forma di pregiudizio che va a pesare su un settore che ha prodotto e continua a produrre ricchezza, ma le cui offerte vengono declinate a vantaggio di altri tipi di occupazione, ritenuti meno pesanti. Fatto sta in vista anche di un ulteriore indebolimento della forza lavoro tessile per via della riforma delle pensioni, con la volontà del governo di praticare il nuovo canale di uscita anticipata (quota 103 per 12 mesi combinando l’età di uscita, che dovrebbe essere fissata a 62 anni, con 41 di contributi), i grattacapo per il distretto laniero vanno a moltiplicarsi nel 2023. Si parte, infatti, da una condizione in cui le aziende annaspano nella ricerca di addetti in grado di soddisfare tutte le esigenze del settore moda. Ad oggi il fabbisogno occupazionale è di circa duemila figure: un dato che interessa la proiezione dell’ultimo trimestre del 2022, secondo la banca dati Excelsior. Una cifra a cui si giunge fra pensionamenti, dimissioni, contratti a termine non rinnovati e potenziamenti d’organico.

Ma di che tipo di lavoratori è a caccia il mondo che produce moda? A differenza degli anni precedenti, a questo giro di giostra in pratica servono figure specializzate nella maggior parte dei settori moda. Così si cercano addetti alla filatura, alla tessitura, al finissaggio e alla maglieria. Quest’ultimo ambito sembra essere particolarmente penalizzato perché il personale è praticamente introvabile. Poi mancano i tecnici per la progettazione, la produzione, la gestione della catena di fornitura oltre che per i processi chimici di tintoria e finissaggio.

"E’ certamente difficile al momento fare delle previsioni riguardo al numero di lavoratori in uscita con la formula ipotizzata dal governo – commenta Maurizio Sarti, presidente della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord – Una fuoriuscita che andrà a sommarsi alle circa duemila figure che mancano all’appello come nuove energie. E che non si riescono proprio a trovare". Sarti fa un esempio che interessa da vicino la propria azienda di famiglia: "Da metà del mese di luglio sono senza magazziniere. Un figura anche abbastanza generica, che comunque si reperisce con grande difficoltà. Alla stessa maniera mi mancherà a breve un’orditrice perché va in pensione e due addetti alla rifinizione. Quota 103 complicherà ulterioremente la situazione con le note difficoltà sul fronte del reclutamento del personale", ammette Sarti. Il "peccato originale", si fa per dire, è ormai noto: Prato ed il suo distretto al momento pagano lo scotto di due decenni in cui il personale abbondava per via della chiusura di aziende andando ad aumentare l’offerta di figure anche formate e professionalmente giù pronte per essere impiegate nel tessile.

E oggi che il settore moda sta riprendendo quota, sebbene appensatito prima dal Covid e poi dal caro energia e materie prime, si evidenzia comunque nel primo semestre 2022 un bel +3,6% di occupati rispetto allo stesso periodo del 2021. Le schiere a cui poter attingere si vanno assottigliando sempre di più per via dell’invecchiamento della pianta organica delle aziende. I dati Inps rivelano infatti che nel tessile dal 2015 al 2020 gli over 55 sono aumentati del 34%, mentre i giovani sotto i 40 anni diminuiscono del 6,4% e la fascia da 40 a 54 cala dell’11,4%.

Sara Bessi