"Il mio teatro senza richiesta diventa libertà"

A La Baracca debutta "Io Malaparto". Maila Ermini porta in scena dieci lettere a Curzio. Per raccontare le ipocrisie del presente

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di Maila Ermini *

Caro Malaparte,

ho un piccolissimo spazio teatrale che si chiama La Baracca. Quest’anno la stagione si intitolerà "Il teatro è senza richiesta". Può sembrare una provocazione, ma è la verità. Oggi il teatro non interessa a nessuno. E allora, mi potresti chiedere, perché lo fai? Perché questa non richiesta offre anche strane opportunità, come quella unica di sganciarsi proprio dalla "richiesta". E di presentare al pubblico un teatro diciamo diverso, un teatro archeologico, che non riporta alla luce le macerie del passato, ma scava nel presente. Tratta argomenti che difficilmente un teatro finanziato può trattare. Si potrebbe dire che affronta argomenti scomodi, non commerciali? Oggi questo per me è l’unico teatro possibile. L’unico teatro che dà gioia e conoscenza, l’unico significativo. Per il resto, permettimi il termine, facciamo "marchette". Da cosa si vede che il teatro non interessa? Tanto per stabilire una differenza con i tuoi, di tempi: allora a teatro si fischiava. Non fischiarono il tuo lavoro su Marx, Das Kapital a Parigi? Il pubblico era coinvolto. Oggi il pubblico o applaude e basta, perché sostanzialmente è indifferente all’opera che vede. Non ne resta scalfito. Ai tuoi tempi l’opera incideva sulla vita delle persone. Era ancora Novecento.

La gente va stancamente a teatro, oppure vi si conduce se è richiamata mediaticamente. D’altronde, - proprio grazie a quella tecnologia che non amavi – ognuno di noi porta in tasca i suoi spettacoli, i suoi divertimenti, i video, e quanti intrattenimenti, chiacchiere curiosità soddisfatte con un tasto, con un interruttore, con un po’ di ricarica elettrica. La gente che se ne fa del teatro? Che se ne fa dell’arte quando ognuno di noi può essere protagonista sul palco mediatico grazie alla tecnologia? Diceva Schopenhauer: "Chi non va a teatro è come se si facesse la toletta senza lo specchio". Ma chi ama rispecchiarsi veramente, riflettere? Perché è questo che fa il teatro, riflette sull’uomo, dell’uomo.

Il pubblico poi non si interessa della sorte dell’arte e degli artisti. Frigge solo dietro a quelli famosi o all’arte che frutta. Che porta dindi. Gli artisti poveracci, meglio farli morire. Che illusi. Ma cosa vogliono? Che pensano di fare? Oggi più di ieri si seguono solo i personaggi mediatici. Tu l’avevi ben capito in anticipo su molti che vediamo sfilare in questi anni: non hai passato la vita a creare il tuo personaggio? Se non si è un po’ esagerati, se non si dà scandalo, chi si cura di noi? Ma ora ti stupisco anch’io.

Sai il mio piccolo teatro si trova in campagna! Un azzardo. Una sfida. Perché no, una ridicolaggine o appunto una esagerazione. Un piccolo teatro che fa cultura dal basso. Ma che significa cultura dal basso? Significa che chi non sta in alto sceglie temi e opere liberamente, e anche spesso, senza finanziamenti. Per il Fascismo questa cultura dal basso, indipendente e libera, era inconcepibile (e tu stesso forse non capiresti, che hai ricevuto fior di finanziamenti da Mussolini!), ma sai, dopo tanti anni in cui ci hanno illuso di cultura popolare, ecco che ci troviamo alle solite: la cultura la decidono ancora e sempre dall’alto. E tuttavia, una volta la politica proteggeva l’artista, no? C’erano i grandi movimenti, i grandi partiti. Magari entravi in un partito, eri sistemato. Come te, che sapevi entrare dappertutto, tu che sei stato un Fascista della prima ora e poi, all’ultimo momento, meravigliosamente, trasformato Comunista! Tu sapevi cambiare casacca come nessuno, perché sei stato un perfetto sincero opportunista, con totale assenza di ideologia!

Per questo, come diceva Moravia, tu amavi la gente di potere, tu strisciavi fra loro come un serpentello. Eppure, meravigliosamente, nel tuo Diario di uno straniero a Parigi, leggo queste parole, e davvero sembrano scritte da Pasolini: "L’Italia è uno sciagurato paese di schiavi. Un paese di uomini sempre esposti, giorno e notte, alle peggiori violenze della polizia, della magistratura della delazione. Sia sotto Giolitti, o Mussolini, o De Gasperi, lo Stato disprezza sempre il cittadino, la giustizia si fa gioco di lui, il cittadino in realtà è schiavo dello Stato sia degli altri italiani. Se non ha amici potenti al governo è alla mercé della polizia, della malvagità, della gelosia dei vicini, della debolezza, della vigliaccheria e della corruzione della magistratura, della sottomissione di questa al potere esecutivo e ai partiti".

* Attrice e drammaturga