Il contagio, poi il ricovero. Addio al grande ’Pampa’

È morto a 76 anni Ferdinando Pampaloni, originario di Montelupo Fiorentino. A 20 anni si era trasferito a Prato dove ha cresciuto tre generazioni di calciatori

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di Leonardo Montaleni

Il Covid-19 si è portato via ieri notte, a 76 anni, Ferdinando Pampaloni. E il calcio, anzi scusate, il "carcio", come avrebbe detto il mitico Pampa, a Prato non sarà più lo stesso. Pampaloni, del resto, era uno degli ultimi rappresentanti di un gioco del pallone a metà tra il pionieristico e il romantico, fatto di campi sterrati, tribune infuocate e tanta passione. Il calcio "pane e salame" da lui stesso ricordato più volte alle nuove generazioni che vedeva quotidianamente crescere e sbocciare dall’alto del terrazzino del ’Rossi’ di viale Galilei, in pratica il suo unico, vero ufficio.

Uomo burbero e schietto, ma con un anima generosissima e intrisa di una simpatia guascona, capace di accoglierti con un sorriso e con qualche soprannome strampalato. Originario di Montelupo Fiorentino, dove in gioventù era stato anche capitano della squadra di calcio del paese, intorno ai 20 anni si era trasferito a Prato con la moglie Carla e aveva iniziato a lavorare come infermiere all’ex ospedale Misericodia e Dolce di Prato. Senza però mai dimenticare il suo grande amore per il pallone. Per più di 50 anni ’Nando’ Pampaloni è stato una colonna portante del calcio pratese. Prima alla Roberto Colzi, a cavallo fra gli anni ’70 e ’80, dove iniziò a muovere i primi passi come allenatore vincendo i primi campionati. Poi al Coiano, dove aveva ricoperto svariati ruoli in campo e dietro la scrivania, contribuendo a formare migliaia di giovani talenti grazie al suo occhio esperto, capace di distinguere subito il diamante grezzo dal carbone. Talenti che poi ricordava uno per uno, più per ruolo che per nome a volte, incontrandoli a distanza di decenni. Si deve a lui e al compianto Rodolfo Becheri (altra figura storica del calcio pratese) l’intuizione, difficile da immaginare vista la rivalità esistente fra le due società, di arrivare alla fusione fra Coiano e Santa Lucia. Fusione che ha dato vita all’attuale Coiano Santa Lucia, di cui Ferdinando Pampaloni è stato fino all’ultimo direttore sportivo, dopo essersi divertito a fare l’allenatore delle giovanili e della prima squadra. Da un paio di settimane Ferdinando aveva contratto il coronavirus ed era stato ricoverato al Santo Stefano lunedì 22 febbraio. Respirava a fatica, aiutato dall’ossigeno, ma aveva mantenuto i contatti con il mondo esterno e la consueta voglia di scherzare. Poi l’improvviso aggravarsi della situazione e l’ingresso, una settimana fa, in terapia intensiva. Fino al triste epilogo di ieri notte, che lo ha portato via all’affetto dei figli Katia e Gianni, della moglie Carla e delle nipotine Lola e Guendalina, impedendogli di veder ripartire il mondo del calcio giovanile dopo la pandemia. Una notizia che ha scosso gli ex colleghi, così come almeno tre generazioni di amici e avversari incontrati sui campi di calcio, che ricordano oggi "il maestro Pampa" con grande affetto e con fiumi di messaggi sui social.

All’appello non manca nessuna società di calcio del pratese e nemmeno il Comune di Prato. "Se ne va prima di tutto un grande amico oltre che un grande dirigente e uomo di sport", dicono il sindaco di Prato Matteo Biffoni e l’assessore allo sport Luca Vannucci. "Mancheranno molto le sue battute e il non poterlo più incontrare al campo che così tanto amava, ma quello che ha trasmesso a chi ha avuto la fortuna di conoscerlo rimarrà dentro ognuno di noi". Commosso il figlio Gianni: "Voglio ringraziare tutti gli amici che ci stanno facendo arrivare il loro affetto. Mio padre ha dato tanto durante la sua vita, non solo al calcio. Sarebbe felice di vedere tutte questi messaggi". Ciao Nando, grazie e buon secondo tempo: il "carcio" da oggi sarà un gioco un po’ meno semplice senza di te.