Il brigadiere morto da prigioniero Dopo 79 anni potrà tornare a casa

Internato in Germania nel 1943, di Metello Mazzei si erano perse le tracce. Ora la salma sarà sepolta a Montemurlo

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Il brigadiere Metello Mazzei tornerà a casa dopo 79 anni trascorsi dalla sua scomparsa e così la sua salma troverà sepoltura al cimitero della Rocca a Montemurlo, facendo rientro dal cimitero militare italiano d’onore di Amburgo. I familiari del carabiniere, fatto prigioniero dopo l’8 settembre 1943 e internato in Germania, dove è passato da un campo di prigionia all’altro di diverse cittadine, da allora avevano perso le tracce del loro congiunto. E’ stato Gianluca Messineo, presidente dell’Associazione nazionale carabinieri di Montemurlo, oltre che studioso della storia dell’Arma e autore del libro "Mio nonno era un carabiniere", ad imbattersi nel nome di Mazzei nel corso delle ricerche che si sono occupate dei carabinieri montemurlesi. Ed è stato sempre lui a ricostruirne l’esistenza e la morte per malattia, avvenuta - ha scoperto - in un ospedale del Nord Reno Vestafalia il 3 marzo del 1944. La salma di Metello Mazzei sarà sepolta in un monumento di marmo commissionato e finanziato dall’Associazione nazionale carabinieri di Montemurlo, oltre che da alcuni benefattori, realizzato da una ditta artigiana di Pietrasanta e con la collaborazione con un laboratorio che in passato ha realizzato anche alcune opere di Botero e Igor Mitoraj. Il monumento sarà collocato nello spazio del cimitero dedicato ai caduti di tutte le guerre. I resti mortali di Mazzei arriveranno a Prato l’ultima settimana di ottobre.

"Sono stati 95 i brigadieri toscani caduti o dispersi nei lager tedeschi - spiega Messineo - due provenivano dalla nostra provincia, in particolare da Montemurlo e da Vernio. Ho rintracciato Mazzei mentre lavoravo al mio libro e una volta trovata traccia nell’archivio storico del Comune, ho interessato l’Ufficio Storico del comando generale dell’Arma dei Carabinieri, il commissariato generale per le onoranze ai caduti del ministero della Difesa e Roberto Zamponi, noto ricercatore italiano che gestisce la pagina ’Dimenticati di Stato’". Le prime indagini hanno così permesso di elaborare una scheda anagrafica di Mazzei, nato il 9 luglio 1920 a Montemurlo, zona Marucello. Brigadiere dei Carabinieri della 687esima sezione Carabinieri Reali Motorizzati, si era arruolato nell’Arma nel 1939. "Ho cercato di comprendere come poterlo fare rientrare in Italia. Nel 2018 ho iniziato la ricerca dei familiari e ho trovato quattro nipoti: Giuliano e Giuliana Mazzei, Moreno e Stefania Pugi. Purtroppo i fratelli e la sorella erano già deceduti", racconta Messineo. "I nipoti non ricordano lo zio, sono tutti nati successivamente la sua scomparsa. Hanno ricordi indiretti, grazie ai numerosi racconti dei loro genitori. In particolare hanno viva memoria dell’attesa da parte della mamma di Metello, Maria Lilia e del babbo Pietro, che persero ogni traccia del figlio poco dopo la sua prigionia. Nelle poche lettere scriveva di avere molta fame e li pregava di inviargli delle semplici bucce di patate". Messineo ha raccolto testimonianze drammatiche: "Il fratello di Metello, Mazzino, raccontava loro che a guerra finita ricevettero la visita di un carabiniere di Lucca, compagno di prigionia dello zio. L’amico, che cercò di assisterlo fino alla fine, raccontò che Metello morì di fame, aveva raggiunto i 35 chili di peso". Mazzei insieme ad altri prigionieri lavorava in una miniera di carbone e mangiava zuppa di rape una sola volta al giorno. "Per i familiari Metello era disperso, nessuno della famiglia sapeva della sua sorte e dove potesse essere sepolto", prosegue Messineo. "Quando li ho messi al corrente del ritrovamento, ne sono stati felicissimi e ho comunicato loro il desiderio di farlo rientrare". E’ iniziato così il complesso iter burocratico per il rimpatrio della salma del brigadiere Mazzei. Un lungo e tortuoso percorso, arrivato a conclusione proprio in questi giorni con l’autorizzazione definitiva alla traslazione del corpo del militare.

Sara Bessi