Prima erano gli emoji, simpatiche faccine per rendere il messaggino sul telefono più confidenziale. Poi sono arrivati gli sticker, l’evoluzione degli emoji che diventano personalizzabili. Sembra divertente fino a quando questo strumento, apparentemente innocuo, non diventa un boomerang contro i più deboli. Se usato in modo nocivo può essere un’arma che va a colpire l’amico più indifeso o il ragazzo diverso, quello emarginato. Come? Ad esempio mettendo sul corpo di un cane al guinzaglio o di un altro animale il volto del prescelto di turno da bullizzare. Lo sticker diventa virale tra la cerchia di amici e il danno è fatto. È uno degli ultimi fenomeni di cyberbullismo, come ha sottolineato la polizia postale ieri in piazza delle Carceri nell’ambito della campagna "Una vita da social", il progetto di formazione dedicato agli studenti che ha avuto al centro il tema educativo "in strada come in rete", proprio per sensibilizzare sui numerosi pericoli connessi all’uso delle tecnologie digitali, ma anche alla circolazione stradale. La giornata infatti è stata arricchita dalla partecipazione, oltre che della polizia postale, appunto di operatori della polizia stradale e di quella ferroviaria. Testimonial d’eccezione Edoardo Nesi e Marco Masini: "È importante che le nuove tecnologie siano utilizzate bene, i ragazzi devono conoscerne i pericoli e avere gli strumenti per difendersi. Queste campagne sono un modo per dire ai giovani di tenere la guardia alzata e di non cadere nella trappole della rete". Presente oltre al questore Antonio De Lorenzo anche il sindaco Biffoni: "Pensare che non facciano parte della nostra vita è utopia, bisogna imparare a relazionarsi con questi strumenti, sapere che non è tutto consentito perché ci si trova dietro lo schermo di un telefonino o di un pc".
Tanti gli studenti delle scuole medie e superiori presenti ieri in piazza: "È sbagliato pensare di poter dire tutto all’interno di una chat, credere di essere in un ambiente circoscritto che non può essere raggiunto, ma non è così", ha spiegato la polizia postale ai ragazzi.
E c’è di più: a supervisionare costantemente su ciò che accade in rete c’è l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), un nucleo interforze al quale chi si sente vittima, oppure è testimone di reati digitali, può rivolgersi in qualsiasi momento anche in forma anonima scrivendo una mail a [email protected]: "I ragazzi – è il messaggio degli operatori – non sono soli. Se hanno bisogno ci possono contattare, noi siamo lì per fermare chi commette crimini on line".
Silvia Bini