"Guidare il Prato? Una ubriacatura inebriante Ci sarebbe piaciuto poter fare ancora di più"

Andrea Toccafondi, presidente per 35 anni: "Abbiamo cambiato le gomme prima di finire fuori strada. Ai nuovi arrivati servirà sostegno"

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di Roberto Baldi

Tanto tuonò che piovve. "Cosa fai? Vendi il Prato ?", avevo domandato a Paolo Toccafondi, che ho visto crescere sotto i miei occhi da raccattapalle a portiere di varie squadre a presidente, e con cui c’è un sodalizio familiare ineliminabile, a cominciare naturalmente dal padre Andrea. "Non ho ancora venduto", mi aveva risposto Paolo con quel suo linguaggio senza fronzoli, di genuinità assoluta, quando sa di avere di fronte un amico e di arcigno interlocutore quando gli remano contro. "Ma se c’è gente seria che fornisce le dovute garanzie, disposto all’arrivederci senza ripicchi e becchi. Parlerà per me un comunicato ufficiale. Non fatemi tenere ancora il sedere alla finestra, boccaccia mai statti zitta".

Ne parliamo adesso con il babbo Andrea, 35 anni di conduzione societaria (gli ultimi 7 sono invece di Paolo), sempre a confronto sia con quelli che lo detestavano perché era il presidente più longevo d’Italia (35 anni di calcio fanno venire il mal di testa anche all’aspirina), sia con quelli che invece che lo volevano santo subito per aver garantito continuità al Prato con una presidenza inossidabile nel framoso alternarsi delle società sportive. In campo imprenditoriale un mago per tutti, capace di esportare il tradizionale spirito d’iniziativa pratese, fino a costituire a Madone di Bergamo una delle realtà più importanti d’Italia nel campo della logistica. Lo provoco.

Avevi detto che il Prato Calcio non lo avrebbero dovuto lasciare nemmeno i tuoi nipoti.

"Altri tempi, altra ciccia. In questi momenti difficili anche nel lavoro c’è chi fa fa come il prete Pèo: invece d’andare avanti va all’indreo. A noi fortunatamente non è successo. Tutto bene perché veicoliamo prodotti di prima necessità come acqua e viveri con un’azienda in grande espansione. Ma vogliamo lasciare anche una società calcistica esemplare sotto il profilo finanziario ed è per questo che l’attuale consiglio di amministrazione resterà in carica fino a giugno per il disbrigo diretto delle necessità. Prato ha tradizioni lavorative intense e nessuno si siede sulle disgrazie. Spero che i nuovi conduttori entrino nello spirito di questa città. Scommetto che torneremo protagonisti, Prato non s’arrende mai. Ci sono già segni di ripresa anche nell’industria, confidando nel nostro ingegnaccio di lavoratori, traffichini, inventamestieri con il cuore più largo della mano".

Avevate avviato un’operazione nuova di recente con il sindaco Biffoni, soprattutto intorno alla questione stadio.

"Avevamo avviato e tutti insieme avevamo stabilito un incontro a mezza strada a Modena per una soluzione fattiva al problema Prato in ordine soprattutto allo stadio, con una vera e propria proposta di diretta gestione. Avevamo trovato rispondenza piena anche nel sindaco. Purtroppo contrattempi fisici personali e considerazioni di ordine contingente ci avevano fatto recedere dall’impresa. Da lì è cominciato il cammino per il passaggio di proprietà, consapevoli che la vita calcistica è un pendolo fra gioie e dolori".

Il futuro del Prato secondo Toccafondi?

"Il Prato Calcio ha le risorse per rilanciarsi. Abbiamo cambiato le gomme prima che il camion andasse fuori strada. Tocca agli sportivi sostenere i nuovi arrivati. Noi Toccafondi abbiamo potuto fare questo, anche se ci sarebbe piaciuto fare di più. Nel calcio come nella vita, l’ho già detto in una precedente intervista, tutti perdinci vorrebbero andare a letto con Belen, ma i privilegiati sono pochi".

Il tuo giudizio sul calcio in genere?

"Un mondo difficile che richiede soldi, rapporti e buonasorte. A Paolo avevo già detto più volte di fare festa, ma lui duro come me non voleva saperne, finché non è arrivato un ricambio che rispondesse alla nostra aspettativa di lasciare il Prato in buone mani. Paolo aveva la libertà di scegliere la strada che riteneva opportuna, perché a 50 anni si ragiona con la propria testa. Per parte mia, come sapete avevo già deciso di abbandonare. Per tutta la vita. Ma se rinascessi so che cederei alla tentazione. E’ un’ubriacatura che ti inebria".

Andrea Toccafondi ci saluta rincasando nella sua villa di Bergamo. Fuori la primavera stramba del nord, senza il profumo della terra, con i cieli bassi e grigi, con folate di vento che riempie l’aria di polline malato, a fare da contrappunto alla Prato dei ricordi a fatica sopiti, come quelle cene sulla terrazza del Logli, dove ad Andrea piaceva andare, l’aurora profumata di cipressi e di vitigni. Ci mancherai, ti mancheremo.