Fingono omicidio per fargli paura. E il carrozziere sborsa 60mila euro

Sostenevano di appartenere a un clan mafioso: due condanne

Una carrozzeria (Foto di archivio)

Una carrozzeria (Foto di archivio)

Prato, 18 ottobre 2018 - Si era presentato dal carrozziere come appartenente al clan camorristico dei «Cavataio» e pretendeva 50mila euro per evitare «guai e ritorsioni». Una sorta di pizzo che l’albanese aveva tentato di estorcere al carrozziere intimidendolo con minacce e allusioni di morte. In realtà il piano dell’albanese era molto più ampio e aveva altre finalità: far entrare nel raggiro gli altri componenti del gruppo – in tutto sei persone – tutti finiti a processo per estorsione e tentata estorsione ai danni di un carrozziere pratese, Alberto Guidoreni, deceduto poco tempo fa in seguito a un grave incidente avvenuto a Carmignano mentre era al lavoro in un territorio di sua proprietà.

Guidoreni non ha potuto vedere la fine del processo ma quelli che erano stati i suoi aguzzini sono stati condannati ieri a sei anni e mezzo e sei anni tre mesi. Un terzo componente della presunta banda è stato assolto. La storia è davvero incredibile anche perché per convincere il carrozziere a versare quei soldi è stato inscenato perfino un finto omicidio. Una scena da film con tanto di sangue finto per renderla più credibile. Secondo quanto ricostruito dalle indagini della Dda (il processo si è celebrato a Firenze), l’albanese si sarebbe presentato nella carrozzeria di Guidoreni minacciandolo e chiedendo un pizzo di 50mila euro per conto del clan camorristico Cavataio. Il carrozziere si spaventa ma non cede subito alla richiesta di pizzo e chiede aiuto ad alcuni conoscenti con cui aveva fatto precedenti affari, non sapendo che in realtà i conoscenti erano d’accordo con l’albanese. E qui arriva la messinscena. Guidoreni viene portato in una cava abbandonata di smaltimento di materiali edili. Viene tenuto a distanza e fatto assistere al falso omicidio. Vengono usate armi caricate a salve e sangue di pollo. L’albanese finge di stramazzare al suolo, morto. Il carrozziere cade nella trappola ma non sa che i guai non sono finiti. E’ a questo punto che arrivano le vere richieste estorsive da parte del gruppo che aveva commesso il finto omicidio, in tutto sei persone oltre all’albanese. Gli viene detto che servono soldi per pagare la latitanza dell’esecutore materiale dell’omicidio anche perché lui stesso rischiava di finire nei guai per concorso in omicidio. Il carrozziere versa 60mila euro in tre tranche ma alla fine non regge più le richieste estorsive degli aguzzini e sporge denuncia. Il fascicolo passa alla Dda che contesta l’associazione a delinquere di stampo mafioso anche per altri episodi simili, tra cui una tentata estorsione ai danni di un istituto infortunistico di Firenze. Durante il procedimento l’accusa di associazione a delinquere è caduta mentre il processo è andato avanti per l’estorsione riuscita e per altre due tentate. Ieri sono arrivate le condanne per due imputati, un pratese di 61 anni, difeso dall’avvocato Eugenio Zaffina, e un uomo originario di Scandicci, di 67 anni, a sei anni e mezzo per il primo e a sei anni e tre mesi per il secondo. Un terzo imputato è stato invece assolto.

Laura Natoli