Dipendenti comunali: metà in smart working "Lavoro agile? Manca un indirizzo chiaro"

Sono 258 i lavoratori che hanno ridiscusso il contratto fino al 31 dicembre. Squittieri: "In futuro? È una possibilità, però va ripensato tutto"

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Deroga dopo deroga dal primo settembre è finito lo smart working. O almeno quello che abbiamo conosciuto negli ultimi due anni come forma di protezione dal Covid. Con la fine dello stato di emergenza il 31 marzo e poi il termine del lavoro agile il primo settembre, nella pubblica amministrazione ha preso ufficialmente il largo lo smart working post- Covid, che richiede specifici accordi con i lavoratori. La data del primo settembre non ha segnato un ritorno al passato semmai un ingresso nel futuro del lavoro che ha conosciuto una nuova epoca.

Oggi metà dei lavoratori comunali hanno chiesto di proseguire con lo smart working. Degli 899 dipendenti, per 302 non è applicabile il lavoro agile in quanto agenti di polizia municipale e insegnanti.

Dei 597 che ne hanno l’opportunità ben 258 (poco meno della metà) hanno chiesto di continuare a svolgere attività in lavoro agile attraverso accordi individuali validi fino al 31 dicembre. Fino alla fine dell’anno i 258 dipendenti potranno lavorare da casa per massimo due volte la settimana solo nel giorno con orario corto, mentre i dirigenti potranno svolgere le proprie mansioni lontano dalla sede di impiego solo una volta a settimana. Tre anni fa nessuno - tranne casi eccezionali dovuti a particolari condizioni familiari o di salute - si sarebbe sognato di far richiesta di lavoro agile da casa o altro da luogo invece che in ufficio. Oggi è una modalità che invece ha preso campo e che proseguirà anche nel futuro, di certo in quello recente fino al 31 dicembre.

Il contratto per i dipendenti delle funzioni centrali, che per la prima volta disciplina il lavoro agile nella pubblica amministrazione, prevede per esempio che i dipendenti comunali possano ricorrere allo smart working nella misura a loro più congeniale, a patto che la qualità dei servizi non ne risenta. E così sarà almeno fino ala fine dell’anno, termine entro il quale scadranno i contratti ridiscussi per i 258 lavoratori comunali. Del resto non è una novità: l’idea di proseguire con la modalità del lavoro agile anche dopo le scadenze imposte dall’emergenza pandemica è da tempo che ventila negli uffici di palazzo comunale. Non è però semplice coniugare servizi con lavoro da casa. Prato è all’avanguardia dal punto di vista digitale, ma quando si tratta di smart working entrano in gioco tanti fattori che devono essere regolati a livello centrale con uffici pubblici completamente da ripensare rispetto al passato. "In futuro può rappresentare una prospettiva, ma così come è adesso il lavoro agile non può essere esteso ulteriormente", spiega l’assessore al personale Benedetta Squittieri.

"Ci sono tanti temi in ballo: quello ambientale, il benessere dei lavoratori, ma ora come ora ci sono troppi punti interrogativi aperti. Per estendere lo smart working e pensare in questa ottica dobbiamo avere strumenti adeguati, non si tratta semplicemente di trasformare il lavoro ordinario in quello fatto da casa come è accaduto durante la pandemia". I tempi e i dubbi saranno sciolti e dettati dal nuovo contratto per il pubblico impiego atteso entro l’anno "con il rinnovo vedremo che indirizzo prenderà la questione", precisa Squittieri. Intanto lo smart working proseguirà fino al 31 dicembre per due giorni la settimana per un massimo di 120 l’anno, su base volontaria.

Silvia Bini