Controlli abusivi sui cinesi in strada. Le confessioni dei parà infedeli

Patteggiano una condanna a due anni tre dei militari della pattuglia che pretendeva soldi illeciti

Una pattuglia di parà

Una pattuglia di parà

Prato, 20 novembre 2019 - Hanno patteggiato una pena a due anni per aver preteso soldi da alcuni cittadini cinesi durante controlli stradali che non erano di loro competenza. Si è concluso così il processo a tre dei quattro ex paracadutisti della caserma «Marini» di Pistoia accusati di concussione dalla Procura di Prato. Un reato grave, che parte da una pena minima di sei anni, in questo caso ridotta grazie al rito, alle attenuanti generiche e alla buona condotta processuale degli imputati, concessa dopo la confessione arrivata dai tre componenti della ex pattuglia di militari che in città svolgeva il servizio nell’ambito del progetto «Strade sicure» (concluso a dicembre 2018.

Il gup Costanza Comunale, con il consenso del pm Lorenzo Gestri, ha accolto la proposta di patteggiamento per il caporalmaggiore Alessandro Fazzi difeso dagli avvocati Alberto Rocca e Michele Nigro e per i soldati Mattia Carrabs e Dimitri Dallai, assistiti da Alessio Scala di Nola. E’ stato, invece, rinviato a giudizio il caporalmaggiore Emanuele Pepe, difeso dall’avvocato Giovanni Renna, il più anziano in grado e capo pattuglia, ancora sottoposto all’obbligo di firma. I tre imputati, che hanno patteggiato, hanno dimostrato di aver risarcito le vittime nonostante l’esigua somma che si erano intascati indebitamente: circa 300 euro complessivamente, 80 a testa. Carrabs e Dallai hanno lasciato l’esercito, mentre Fazzi e Pepe sono sospesi in via cautelare anche se il primo avrebbe espresso l’intenzione di congedarsi spontaneamente. Secondo quanto ricostruito dalle indagini del pm Gestri e della squadra mobile, i paracadutisti svolgevano controlli abusivi ai cinesi fermati su furgoni al Macrolotto Uno nonostante non fosse un compito di loro pertinenza. Dai malcapitati pretendevano - con le minacce - soldi per essere lasciati andare in zone che non ricadevano neppure sotto il raggio di azione dei parà.

Otto gli episodi contestati che risalgono a un anno e mezzo fa. Fazzi è stato il primo a rompere il muro del silenzio durante le indagini. Alle sue dichiarazioni sono seguite le memorie difensive di compagni Carrabs e Dallai che hanno confermato le concussioni. Pepe, invece, non si è mai fatto interrogare. L’inchiesta è nata dalla denuncia di un cinese che sosteneva di aver subito un controllo non lecito. E aveva ragione. La pattuglia dei parà lasciava incustoditi i luoghi assegnati (monumenti, tribunale, centro storico) e si appostava al Macrolotto dove attendeva il passaggio di furgoni guidati da cinesi per fermarli e usarli come bancomat sotto la minaccia implicita della divisa indossata. Un anno fa i quattro finirono ai domiciliari. Dopo appena 12 mesi è stato messo il primo punto fermo alla squallida vicenda. © RIPRODUZIONE RISERVATA