La negoziante di 99 anni: "Bancomat obbligatorio? E io lascio l'attività"

La commerciante di via Mazzini Brunilde Cocchi va ancora tutti i giorni in bottega: «Ma dico no al pagamento col Pos, a fine anno chiudo»

Brunilde Cocchi, 99 anni, dietro il bancone della merceria di via Mazzini

Brunilde Cocchi, 99 anni, dietro il bancone della merceria di via Mazzini

Prato, 15 novembre 2019 - Nella vetrina della merceria che da oltre 90 anni si affaccia su via Mazzini e che sembra ferma al 1970, c’è un completo da bambina con una giacchetta a quadri old-style e la gonna plissè di lana rossa. Pezzi che non si trovano più. Brunilde Cocchi, 99 anni compiuti, scuote la testa: «Ormai nessuno veste così i bambini, stanno tutto il giorno in tuta da ginnastica. Capisco che la felpa sia comoda, ma sembrano sempre in pigiama».

Occhi vivissimi quelli della merciaia quasi centenaria che ricorda il decoro e l’eleganza di mezzo secolo fa, quando «ci si rivestiva per andare alla messa la domenica». Brunilde è la decana dei commercianti pratesi, ma alla soglia dei 100 anni – è nata il 22 maggio 1920 – ha deciso di chiudere il prossimo 31 dicembre, la storica attività, da sempre appartenuta alla sua famiglia. Ed è proprio pensando alla madre e alle sorelle che questa donna minuta ma fortissima nel suo racconto di vita, si commuove: «Sono cresciuta qui in bottega, venivo ogni giorno dopo la scuola elementare per aiutarle».

Da dietro al bancone ha visto passare la seconda guerra mondiale, il pontificato di Papa Giovanni XIII, la morte di Moro per mano delle Brigate Rosse, il crollo del muro di Berlino di cui in questi giorni, ricorre il trentennale. Un «film» lungo 9 decadi ora giunto al finale.

Dove non è riuscita la crisi economica, la concorrenza cinese o quella degli outlet, ha potuto il decreto che istituisce l’obbligo per tutti i commercianti italiani, di dotarsi di un lettore pos, accettando pagamenti solo con bancomat o carte di credito, per lei è stata l’ultima goccia: «Non posso adeguarmi a queste cose che cambiano.

Il pagamento con le tessere elettroniche non fa per me, la nuova normativa mi ha dato la spinta definitiva a cessare». Eppure la commerciante sa ancora benissimo fare i conti con il suo registratore di cassa, tanto che se non fosse per l’imminente decreto fiscale, avrebbe resistito ancora.

Ma la signora Cocchi ha deciso: «Basta. Alla fine di quest’anno tirerò giù il bandone. Ovvio che sono molto dispiaciuta, ma prima o poi doveva succedere. Non voglio stare a lambiccarmi il cervello, è così che finirà». Lo dice mentre continua a servire e a rimettere a posto. E’ appena andato via il tecnico che ha acceso la stufa elettrica ed è entrata una cliente in cerca di un paio di calze. «Inizia a far freddo – commenta la 99enne – da qualche tempo apro la merceria soltanto di mattina. La gente lo sa».

Il negozio fu inaugurato nel 1927 dalla madre. «Sì, fu mia mamma Sira a iniziare l’attività di vendita, il fondo era la metà di quello di adesso, è stato allargato nel dopoguerra. Poi, piano piano, siamo arrivate anche noi figlie. Eravamo tre sorelle, Nella, Alice ed io. Ora sono rimasta sola, a farmi compagnia c’è mio nipote Roberto. La tipologia della nostra merce non è mai cambiata». Infatti, guardandosi intorno sembra di essere in una capsula del tempo, con gli infissi dipinti di verde acqua, la vetrina che si apre da dietro come una scatola di vetro e sugli scaffali, fino al soffitto, sono impilate confezioni di bottoni, passamaneria, intimo; tutto tenuto e custodito con precisione millimetrica.

A destra della porta d’ingresso, c’è appeso al muro, il ricordo più prezioso: una fotografia d’epoca che ritrae la signora Brunilde con la sorella Nella, proprio dietro al banco del negozio. Sorridono entrambe. «In quell’epoca abitavamo in piazza San Marco – aggiunge – adesso sto in via Machiavelli e vengo qua in via Mazzini, ogni mattina a piedi». E’ instancabile e lucidissima questa donna in miniatura. «Da lei c’è solo da imparare» dice una vicina.

La merceria Cocchi può contare appunto, sul vicinato e su una clientela affezionata. Però l’anziana commerciante spiega: «Vede, i clienti sono diminuiti tanto negli ultimi anni con l’apertura dei grandi centri commerciali. Vanno là a consumare benzina, a mangiare fuori casa e a comprare cose di scarsa qualità. Posso dirlo? E’ roba da buttare via, che non dura nulla. Le cose di una volta non esistono più, a volte capita qualcuno che ha bisogno di un etto di lana da lavorare ai ferri e non so dove mandarlo. La mia soddisfazione personale è quella di tenere buoni prodotti».

L’unico aspetto che ancora Brunilde Cocchi non ha stabilito è quello della liquidazione per cessazione di attività: «Farò una svendita totale certo, ma non ho deciso quando, ci sono alcune pratiche che restano da sbrigare». Poi chiuderanno i 92 anni della storica merceria, irripetibile pezzo di puzzle «dipinto a mano» del commercio della città. © RIPRODUZIONE RISERVATA