REDAZIONE PRATO

"Anche gli stranieri fanno meno figli Ma non ci sono più i parti fai da te"

Il primario di ginecologia dell’ospedale: "Protocolli rigidissimi per difedere tutto il reparto dal virus. così siamo riusciti a far assistere anche i babbi. Molte donne hanno scelto di fare il travaglio a casa".

Anna Franca Cavaliere da gennaio è il nuovo primario del reparto di ginecologia e ostetricia dell’ospedale. Sei mesi per conoscere da vicino la realtà pratese dopo 20 anni di esperienza a Roma, al policlinico Gemelli, al fianco del luminare Giovanni Scambia.

Dottoressa, i dati Istat, confermati anche dall’anagrafe comunale, mettono in luce un drastico calo delle nascite.

"In generale è così, ma al Santo Stefano non abbiamo registrato una particolare flessione, anche perché gestiamo pazienti da tutto l’interland".

Prato è una città con un’alta percentuale di stranieri. Questa particolarità come si riflette sulle nascite e sull’approccio al parto?

"Gli stranieri che vivono qui da più tempo hanno un approccio con la maternità molto simile al nostro. Questo si riflette anche sul numero di figli per coppia, che è inevitabilmente sceso. Adesso seguono molto scrupolosamente i protocolli dell’Asl, effettuano i controlli previsti, stanno andando a scomparire i comportamenti fai-da-te che erano tipici del passato".

Il periodo del lockdown che riflessi ha avuto?

"Ho notato che le pazienti cinesi, in particolare, hanno smesso di fare i controlli della gravidanza. Hanno applicato una quarantena in tutto e per tutto. Temevo inoltre che qualcuno decidesse di partorire in casa, cosa che per fortuna non si è verificata".

Il momento del parto al tempo del Covid come è cambiato?

"Ci sono state tante donne, non solo straniere, che hanno deciso di fare a casa tutta la parte del travaglio che solitamente si svolge in ospedale. Non ci sono stati problemi, ma molte sono arrivate in reparto praticamente pronte per partorire".

È stato difficile mantenere un elevato standard di sicurezza?

"I genitori sono stati estremamente collaborativi. Tutte le coppie, anche gli stranieri con i quali a volte ci sono più difficoltà di comunicazione, hanno capito il momento che stavamo vivendo e si sono adeguati ai protocolli. Anche grazie a questo abbiamo potuto mantenere standard altissimi di sicurezza tanto da diventare modello per l’Asl Toscana Centro".

Come è stato possibile?

"Le donne che non avevano seguito l’iter del sistema sanitario nazionale le abbiamo trattate come pazienti sconosciute, sistemandole in ambienti isolati in attesa della risposta del tampone faringeo. Inoltre, con la modalità drive in, sottoponiamo a tampone tutte le partorienti ogni settimana e questo ci permette di avere in reparto solo persone negative al Covid. Grazie a questo sistema è stato possibile consentire ai papà di assistere al parto, cosa che è stata negata in altri ospedali. Ci tengo a sottolineare il grandissimo lavoro della direzione dell’ospedale e di tutto il personale del reparto che non si è mai negato, anzi è stato sempre presente con grande spirito di sacrificio e responsabilità".

Silvia Bini