Le indagini sono state seguite dalla guardia di finanza. In alto, il pm Lorenzo Boscagli

Le indagini sono state seguite dalla guardia di finanza

Prato, 11 novembre 2022 - Ventitre rinvii a giudizio, quattro ammessi alla prova e due posizioni stralciate. Si chiude così la lunga udienza preliminare (è stato fatto un rinvio dietro l’altro) sul caso delle analisi del sangue eseguite al Santo Stefano a parenti e amici di medici, infermieri e tecnici di laboratorio che non pagavano il ticket. L’inchiesta – che risale al 2018 – fu subito ribattezzata come la "parentopoli" delle analisi mediche mettendo in luce il sistema truffaldino diffuso all’interno dell’ospedale di Prato. "Usanza" che sarebbe andata avanti per anni e che avrebbe consentito ai conoscenti dei sanitari di non pagare il ticket ma anche di saltare code e trafila per eseguire i prelievi del sangue. I pm Lorenzo Boscagli e Lorenzo Gestri (oggi trasferito alla Dda a Firenze) avevano chiesto il rinvio a giudizio per 29 dei 43 indagati iniziali, tutti accusati di truffa aggravata allo Stato. La Procura ha deciso di archiviare le posizioni di quei sanitari le cui condotte non erano state reiterate nel tempo considerando la "tenuità del fatto" e fissando la soglia minima di ticket non versati a 100 euro. Per tutti gli altri ci sarà il processo che comincerà il 21 febbraio anche se la prescrizione (7 anni e mezzo per questo tipo di reato) incombe già. Ed è prevedibile che il procedimento finisca in una bolla di sapone. L’inchiesta ha però avuto il pregio di alzare il velo su quel malcostume generalizzato all’interno dell’ospedale. La posizione  della ex dirigente del laboratorio di analisi del Santo Stefano, Patrizia Casprini è già stata chiusa con la messa alla prova. Si tratta di uno strumento giuridico che consente all’indagato, una volta ammesse le proprie responsabilità, di svolgere servizi socialmente utili in cambio dell’estinzione del reato. Casprini ha prestato servizio durante la campagna vaccinale gratuitamente e adesso la sua posizione è stata "sanata". La dottoressa venne sospesa dal servizio poco dopo la bufera giudiziaria e poi fu trasferita ad un altro incarico. Nel mirino degli investigatori finì il vasto giro di analisi mediche che sarebbero state eseguite a parenti e amici dei sanitari fuori dai canali ufficiali, ossia senza il pagamento del ticket previsto per legge. Le analisi incriminate su cui la guardia di finanza ha svolto accertamenti in oltre quattro anni di indagini sono state ben 1100. Dalle indagini della Procura sarebbe emerso un sistema ben oleato nel quale i familiari e gli amici dei sanitari si sottoponevano ai prelievi direttamente in reparto. Le provette, senza il codice a barre, erano portate al laboratorio di analisi interno dell’ospedale dove si redigevano i referti con i nomi dei pazienti. In realtà i prelievi interni all’ospedale possono essere fatti solo ai ricoverati e non agli esterni che, invece, dovrebbero rivolgersi ai centri dell’Asl presenti sul territorio. La guardia di finanza rintracciò nel sistema informatico dell’ospedale una serie di analisi (risalenti anche al 2013) fatte a pazienti mai ricoverati e al cui nome non corrispondeva nessun pagamento. Centinaia di persone, tutte in qualche modo legate ai dipendenti del Santo Stefano finiti sotto processo. A questi non sono mai state mosse contestazioni. Le indagini sono state lunghe e complesse per cercare di stabilire le responsabilità di ogni singolo sanitario. Alla sbarra sono finiti solo quei sanitari che avrebbero usato il sistema truffaldino in più occasioni facendo omettere il pagamento del ticket per oltre 100 euro. Difficile che il procedimento penale arrivi alla fine. Quello che resterà è tanta amarezza e il ricordo di quel malcostume generalizzato all’interno dell’ospedale. Laura Natoli

Cronaca

Prato, 11 novembre 2022 -&nbsp;Ventitre rinvii a giudizio, quattro ammessi alla prova e due posizioni stralciate. Si chiude così la lunga udienza preliminare (è stato fatto un rinvio dietro l’altro) sul caso delle analisi del sangue eseguite al Santo Stefano a parenti e amici di medici, infermieri e tecnici di laboratorio che non pagavano il ticket. L’inchiesta – che risale al 2018 – fu subito ribattezzata come la "parentopoli" delle analisi mediche mettendo in luce il sistema truffaldino diffuso all’interno dell’ospedale di Prato. "Usanza" che sarebbe andata avanti per anni e che avrebbe consentito ai conoscenti dei sanitari di non pagare il ticket ma anche di saltare code e trafila per eseguire i prelievi del sangue. 
I pm Lorenzo Boscagli e Lorenzo Gestri (oggi trasferito alla Dda a Firenze) avevano chiesto il rinvio a giudizio per 29 dei 43 indagati iniziali, tutti accusati di truffa aggravata allo Stato. La Procura ha deciso di archiviare le posizioni di quei sanitari le cui condotte non erano state reiterate nel tempo considerando la "tenuità del fatto" e fissando la soglia minima di ticket non versati a 100 euro. Per tutti gli altri ci sarà il processo che comincerà il 21 febbraio anche se la prescrizione (7 anni e mezzo per questo tipo di reato) incombe già. Ed è prevedibile che il procedimento finisca in una bolla di sapone. L’inchiesta ha però avuto il pregio di alzare il velo su quel malcostume generalizzato all’interno dell’ospedale. 
La posizione della ex dirigente del laboratorio di analisi del Santo Stefano, Patrizia Casprini è già stata chiusa con la messa alla prova. Si tratta di uno strumento giuridico che consente all’indagato, una volta ammesse le proprie responsabilità, di svolgere servizi socialmente utili in cambio dell’estinzione del reato. Casprini ha prestato servizio durante la campagna vaccinale gratuitamente e adesso la sua posizione è stata "sanata". La dottoressa venne sospesa dal servizio poco dopo la bufera giudiziaria e poi fu trasferita ad un altro incarico. Nel mirino degli investigatori finì il vasto giro di analisi mediche che sarebbero state eseguite a parenti e amici dei sanitari fuori dai canali ufficiali, ossia senza il pagamento del ticket previsto per legge. Le analisi incriminate su cui la guardia di finanza ha svolto accertamenti in oltre quattro anni di indagini sono state ben 1100. 
Dalle indagini della Procura sarebbe emerso un sistema ben oleato nel quale i familiari e gli amici dei sanitari si sottoponevano ai prelievi direttamente in reparto. Le provette, senza il codice a barre, erano portate al laboratorio di analisi interno dell’ospedale dove si redigevano i referti con i nomi dei pazienti. In realtà i prelievi interni all’ospedale possono essere fatti solo ai ricoverati e non agli esterni che, invece, dovrebbero rivolgersi ai centri dell’Asl presenti sul territorio. 
La guardia di finanza rintracciò nel sistema informatico dell’ospedale una serie di analisi (risalenti anche al 2013) fatte a pazienti mai ricoverati e al cui nome non corrispondeva nessun pagamento. Centinaia di persone, tutte in qualche modo legate ai dipendenti del Santo Stefano finiti sotto processo. A questi non sono mai state mosse contestazioni. Le indagini sono state lunghe e complesse per cercare di stabilire le responsabilità di ogni singolo sanitario. Alla sbarra sono finiti solo quei sanitari che avrebbero usato il sistema truffaldino in più occasioni facendo omettere il pagamento del ticket per oltre 100 euro. Difficile che il procedimento penale arrivi alla fine. Quello che resterà è tanta amarezza e il ricordo di quel malcostume generalizzato all’interno dell’ospedale. 
Laura Natoli 
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