Addio a Benucci, "ministro" di affari e cultura

Colpito da un malore improvviso, se ne va un protagonista: dalle missioni ai tempi dell’Unione industriale, ai libri di storia pratese

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Se è vero che pratesi non solo si nasce ma si diventa, come successo a persone di tutto il mondo che qui sono arrivate senza più andarsene, Pierfrancesco Benucci incarna la specie più complicata dei pratesi d’elezione. Quella dei nati a Firenze. Giunto a Prato dopo il diploma, ebbe la sorte di lavorare all’Unione industriale e imbattersi negli imprenditori, la specie di pratesi più pragmatica e fattiva, che non guarda al blasone e al passato, ma al presente con vista futuro. Il contrario di una certa Firenze, se nessuno si offende. Fu amore a prima vista, con lui che portò fra i pratesi spicci e diretti il garbo e l’educazione istituzionale che Firenze ha forgiato nei secoli e i pratesi che gli trasmisero il verbo di chi vuol fare, possibilmente presto, bene e guadagnando.

Pierfrancesco Benucci, deceduto per un improvviso malore a 84 anni, sabato sera nella sua casa di Barberino di Mugello, fu uno dei più noti funzionari dell’unione industriale: strinse con i pratesi imprenditori e non solo, rapporti professionali che, dopo un attimo, si sarebbero sublimati in amicizia e lui gestì in chiave aggregativa, includendo tutti, oltre le barriere della concorrenza, che un tempo erano spesse e ben munite. Nell’Unione industriale che aveva sede a Palazzo Vaj in via Pugliesi, prima di trasferirsi in via Valentini, con la sua comunicativa e capacità di interloquire, Benucci fu presto delegato a occuparsi di mercati internazionali. Andava in esplorazione di paesi e sconosciuti o solo immaginati, come negli anni Sessanta il Giappone e nel ‘70 la Cina di Mao. Apriva da bravo ambasciatore strade che le aziende avrebbero poi percorso con successo, oppure faceva in modo che la partecipazione alle fiere e mostre avvenisse senza ostacoli. Per il tessile, figurando ad ogni rassegna in Estremo oriente o a New York e Parigi; per il meccanotessile, accompagnando all’Itma di Francoforte e alla consorella asiatica generazioni di produttori. "Ministro degli esteri" dell’economia di Prato, una volta in pensione proseguì l’attività da libero professionista aprendo col figlio Leonardo la ditta 360 gradi per consulenze alle imprese. Quando il sacro fuoco del lavoro operativo si attenuò, Pierfrancesco Benucci fece leva sulla curiosità che lo ha accompagnato per tutta la vita, la passione per la storia e soprattutto sulla cassaforte di ricordi e informazioni accumulate negli anni, per trasformarsi in scrittore.

Con stile talora non irreprensibile sul piano formale, ha sfoderato libri in cui racconta ciò che la Prato avvezza al lavoro più che alla cultura tramanda oralmente ma non aveva mai messo nero su bianco. Ritratti di imprenditori colti nel tratto umano; la nascita, l’ascesa, i trionfi e talora il precipitare di imprese che hanno fatto storia e di imprenditori che semplicemente hanno fatto soldi. Con la sensibilità di dedicare un’opera alle donne pratesi di tutte le epoche, da Margherita Datini alla impannatrice Rosalinda Lombardi. Talvolta, nel suo viaggiare nel corso dei secoli e da un capo all’altro della città e del mondo, Benucci immagina di essere accompagnato dal mercante Datini o da altri personaggi di varie epoche. Gli accademici storceranno la bocca (non così Giampiero Nigro, pratesissimo docente universitario di storia economica, dei cui consigli e indirizzi Benucci ha sempre fatto tesoro), ma lo studente o l’appassionato che vorranno scandagliare la storia del tessile troveranno in quei libri la miglior bussola per orientarsi e una miniera di informazioni, fra alberi genealogici di famiglie e di imprese e il racconto di vicende che sfuggono alla Storia ufficiale.

Il Benucci privato è il padre di Leonardo e Lorenzo, cresciuti con la libertà di sfogare passioni e talento: Lorenzo fu nuotatore di rango internazionale, vincitore ai Giochi del Mediterraneo ed oggi è ingegnere ad Atlanta, negli Usa. Leonardo oggi impegnato nel vinicolo, ha lavorato e vissuto in Giappone. Ma al centro della vita Benucci ha posto Sandra, collega di lavoro, poi compagna di vita e di tutto, omaggiata pochi giorni fa in pubblico per quello che è rimasto il suo testamento spirituale: un omaggio floreale consegnato davanti alle 70 persone che lui aveva riunito all’ex lanificio di Mezzana per ascoltare con commossa ammirazione Alberto Batisti spiegare con assoluta sapienza accompagnata da doti canore e recitative il Flauto Magico di Mozart. Perché Benucci era anche questo: l’aggregatore di amici riuniti a cena per eventi culturali che immaginava e organizzava di tutto punto. Sempre perfetto, con il vezzo della coda di cavallo che portava sulle spalle, quasi a compensare la pelata frontale. Simbolo dell’equilibrio che lo ha distinto per tutta la vita di pratese autentico, nato a Firenze.