Prato, 2 febbraio 2013 - «NON SONO abituato a salire sul carro dei vincitori, ma a trainarlo». Lo storico dirigente biancazzurro, Marcello Biancalani, era solito commentare così i successi del suo Prato: mettendosi in disparte con umiltà per cullare dentro di sé, quasi gelosamente, i veri valori che il calcio poteva offrirgli. Una frase che forse riassume il carisma di un grande uomo, scomparso mercoledì scorso all’età di 79 anni al termine di una battaglia che non lo ha mai visto mollare.

CORIACEO, ma allo stesso tempo gentile ed elegante nel modo di fare, Marcello ha salutato per l’ultima volta ieri mattina nella sua Sant’Agostino (luogo amato fin dall’infanzia), in una chiesa “gremita”, i tanti amici, campioni e compagni di sport che lo hanno accompagnato durante la sua vita, dal Prato al completo, con in testa la famiglia Toccafondi, alle istituzioni (Grazzini, Taiti). Dalle “Cappelle del Commiato” della Misericordia di Prato seguita da una grande folla e dai propri familiari, la salma è stata trasportata a turno da coloro che negli ultimi giorni gli sono stati vicini e che, insieme a lui, hanno scritto una parte di storia del Prato Calcio. Già, perché Marcello Biancalani, ed è davvero il caso di dirlo, è di diritto nella storia biancazzurra.
 

«UN UOMO di quelli che adesso non ne esistono più. Un dirigente che non aveva problemi a “sporcarsi le mani” per il bene del suo Prato»: Così amava definirlo, Massimo Taiti, allora presidente del Coni provinciale, quando elargì a Marcello la medaglia d’oro per meriti sportivi.
 

DURANTE l’omelia di Don Alessandro Bigagli, ieri mattina, il riferimento e la sintesi forse più calzante con il paragone al «chicco di grano che muore per dare frutti alla terra», perché questo Marcello ha lasciato nei cuori di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo: il frutto di un grande uomo, destinato a rimanere inciso in eterno nella pietra della storia biancazzurra.
<CF203><CJ2>Nicola Picconi