Prato, 13 aprile 2011 - In Basilicata esiste una comunità cinese di mille persone o poco più che sono arrivate al sud partendo da Prato e che, come a Prato, si stanno inserendo nel distretto dei divani, prima come operai e ora come piccoli imprenditori. Un fenomeno che da queste parti in molti conoscono fin troppo bene, tanto che il questore di Matera, l’ex vice questore vicario di Firenze, Gianfranco Bernabei, ha preso ad esempio il caso Prato per organizzare i primi controlli ed evitare, parole sue, 'degenerazioni'.

 


Bernabei, è vero che a Matera esiste una comunità cinese che arriva da Prato?
"Sì, da alcuni anni è in crescita continua. E’ formata da circa mille persone che sono occupate prevalentemente nel settore dei divani e che nella stragrande maggioranza, come ha confermato il nostro ufficio immigrazione, arriva da Prato".
Che caratteristiche ha questo flusso di cinesi da Prato verso il sud?
"Si tratta di persone che sono arrivate a Prato dalla madrepatria e in Toscana hanno preso il permesso di soggiorno. In prevalenza, per quanto ci risulta, hanno abitato a Prato per qualche anno e poi sono venuti qui a lavorare. Si è creato un canale che è stato facilitato anche dalla richiesta di manodopera nelle aziende dei salotti".
Pensa che questo flusso sia legato ai continui blitz nelle aziende cinesi di Prato?
"Non ho elementi per dirlo, anche perché il flusso da Prato è nato prima e indipendetemente dai blitz. Forse questo tipo di pressione è una concausa, insieme magari alla crisi di settori industriali come quello tessile di Prato. In più qui a Matera c’è lavoro e questo è stato un elemento decisivo. Di sicuro si può dire che negli ultimi due anni il trend, già in atto, è andato avanti".
Come sono inseriti i cinesi a Matera?
"Molti sono arrivati qui come operai e alcuni di loro adesso hanno messo aziende in proprio, come è accaduto a Prato. Si sono trasformati in imprenditori anche loro, lavorano per conto terzi".
Dunque ora fanno concorrenza agli italiani?
"Siamo ancora in una fase intermedia, nella quale svolgono una funzione di sostegno al sistema e dunque lavorano per gli italiani, ma il fenomeno va monitorato attentanemente per evitare che nel distretto maturino risvolti non graditi all’imprenditoria locale. Rispetto a Prato, in sostanza, al momento il fenomeno qui è più giovane, anche se c’è già chi si lamenta".
Si lamenta perché avete rilevato irregolarità come a Prato?
"Abbiamo effettuato dei controlli e devo dire che qui è più semplice perché i numeri sono ridotti, Fjnora non sono emerse irregolarità, anche se i cinesi hanno la tendenza a dormire vicino alle aziende".
Avete trovato loculi abusivi?
"No, nessun abuso. Vivono in case che si trovano in una zona vicina a dove lavorano".
Ci sono episodi di criminalità fra cinesi o contro i cinesi?
"Per il momento non abbiamo questo tipo di problematica, ma dobbiamo monitorare attentamente la situazione proprio sulla base di esperienze come quella Prato, dobbiamo fare attenzione e controllare che il fenomeno non degeneri".
Che cosa fanno i cinesi di Matera?
"Le imprese cinesi sono sette-otto. Assemblano pezzi, producono fusti e lavorano la pelle dei divani anche per marche molto importanti che hanno stabilimenti tra la Basilicata e la Puglia".
I cinesi sono integrati con la popolazione italiana?
"I numeri facilitano l’integrazione ed esiste un’associazione italo-cinese che la promuove. Diciamo che vivono in una zona ben delimitata, ma non ci sono problemi di carattere sociale".
Come viene visto il caso Prato dal sud?
"Lo teniamo ben presente, perché vogliamo prevenire quello che è successo da voi".