Pasqua, gli auguri del vescovo Nerbini

"Smettiamo di trasformare i nostri desideri in pretese senza nessun controllo"

Il vescovo Giovanni Nerbini

Il vescovo Giovanni Nerbini

Prato, 12 aprile 2020 - Carissimi concittadini, mi è particolarmente gradito in questo momento rivolgermi a tutti voi, senza distinzioni, con un augurio semplice ma sincero. Le circostanze quest’anno non ci permetteranno di frequentare le cerimonie liturgiche, né di ritrovarci insieme a pranzo nelle nostre famiglie con parenti e amici. Non pochi scalpitano e vorrebbero poter da subito riassaporare la nuda e cruda libertà di potersi muovere a piacimento e si lamentano e protestano per questo eccessivo rigorismo. Reimpariamo a gioire e godere di quanto la provvidenza ci arricchisce quotidianamente. E quello che è necessario per ogni giorno ce lo fa chiedere la preghiera del Padre nostro: dacci il nostro pane quotidiano.

Smettiamo di trasformare i nostri desideri in pretese senza nessun controllo e ridimensionamento da parte della nostra ragione in considerazione del fatto che a molti, e non da ieri, sono iniziati a mancare beni fondamentali quali la salute, il conforto dei familiari per esigenze sanitarie, il necessario per vivere… Rifacciamo spazio nei nostri pensieri e nelle nostre scelte a quel «noi» esiliato dal linguaggio e dalla pratica dai tanti «io» implacabili, insofferenti dittatori che non sentono che le proprie ragioni. Ricordo una vecchia donna di famiglia contadina raccontava che nelle feste apparecchiavano sempre un posto in più a tavola, perché in caso fosse giunto un povero capisse di essere atteso e benvoluto. Se c’è un futuro autentico di prosperità e benessere, e la pandemia ce lo sta dimostrando, ne potremo godere solo e nella misura nella quale sapremo adottare comportamenti responsabili, attenti al bene di tutti, accorti nella difesa dei più deboli e meno tutelati. Carissimi, permettetemi una digressione che sento necessaria. Lamentarsi è di moda, e criticare, dopo il calcio, è lo sport nazionale più praticato. Nessuno in questi frangenti ha detto una verità fondamentale: che la nostra sanità è una benedizione divina, pur con tutte le sue disfunzioni.

Non solo perché capace di garantire servizi a livelli di eccellenza; non solo per la professionalità e la dedizione di tanti medici ed infermieri che danno la vita eroicamente e non in senso figurato (questo sì è stato riconosciuto da tutti in questi giorni); ma per come la nostra Costituzione l’ha pensata e voluta (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti art. 32) e le leggi attuative dello Stato italiano l’hanno modellata. Ci sono paesi nel mondo dove chi ha si cura nei migliori ospedali, chi non ha mezzi è abbandonato a se stesso.

Andate a leggere i resoconti drammatici di quanto sta accadendo nella civilissima New York; quanta disperazione tocca famiglie normali che dopo aver perso il lavoro rischiano di perdere anche la vita perché non più in condizione di pagare le polizze assicurative. Qui da noi la vecchietta con pensione minima ha ricevuto in ospedale il trattamento di Piero Chiambretti. In questi giorni ho ringraziato tante volte il Signore per quegli uomini e quelle donne «Costituenti» che illuminati nella mente e nel cuore scrissero quelle semplici straordinarie parole. Ma mi sono anche interrogato, e vi chiedo di far vostra questa mia domanda, se avremo anche per il futuro persone capaci per formazione, umanità, cultura, sensibilità di prendere decisioni illuminate per questa e tutte le grandi crisi (Dio voglia che non ce ne siano di analoghe) che si presenteranno di fronte a noi. L’interrogativo non è retorico se si pensa che abbiamo speso in armamenti nel 2018, 1670 miliardi di dollari (dati Sole 24 ore) per difenderci da ipotetici nemici! E se avessimo tagliato lì per investire in prevenzione per le malattie, la fame, le epidemie forse oggi non saremmo in questa situazione!

Carissimi, in questi giorni, con il Vangelo, siamo andati al Calvario, abbiamo guardato il crocifisso, riascoltato le sue parole e guardato la sua morte e il suo sepolcro. Questo ci umanizza, risveglia la nostra sensibilità, la nostra intelligenza, fonda le nostre scelte. E abbiamo ascoltato Gesù che affida Maria a Giovanni. Sentiamo che queste parole oggi valgono per noi. Cristo ci affida il mondo intero, l’ecologia, l’economia, tutti i popoli della terra e lì davanti al crocifisso proviamo a chiederci: Cosa dobbiamo fare? Cosa cambiare? Potremo sentire in noi la voce e la luce del risorto che dice: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose!» (Ap. 21, 5) e sarà possibile anche a noi costruire cieli nuovi e terra nuova dove regna la giustizia e la pace, un futuro diverso. Ma dobbiamo risorgere anche noi dalle macerie dell’uomo vecchio ed egoista.

Buona Pasqua a tutti.