Un giorno col bancomat: "La carta o lo sconto?". Alla cassa c'è la tentazione del cash

In giro senza monete né banconote: le reazioni dei commercianti. Lo sguardo torvo del macellaio, il prezzo abbassato dal farmacista. E l’estetista cinese regala una pedicure a chi paga in modo tradizionale

Torino, 8 dicembre 2022 - Il macellaio che ipnotizza i clienti con un serpente di salsiccia di Bra in agguato in vetrina ha dichiarato da anni la sua guerra al Pos. Fino a qualche giorno fa esibiva alla cassa un cartello spavaldo: non si accettano pagamenti con carte di credito sotto i venti euro. Adesso lo ha tolto perché sa che la guerra è quasi vinta. Due etti di prosciutto cotto, quattro hamburger, la vaschetta di peperoni che prepara sua moglie. Fa 23 euro, la qualità costa. Tiro fuori il bancomat, il nostro è un antico braccio di ferro. Mi guarda e i suoi occhi dicono: lei mi vuole morto. Oppure: aspetta di vedere la prossima volta. Mi aggiudico il round e infierisco: se vuole le faccio un bonifico. Non mi interessa perché ci provi sempre: le commissioni, una bonaria forma di evasione.

Bancomat
Bancomat

Con me i maldestri tentativi di sabotare il futuro falliscono, anche nei territori del micro pagamento giro con pochi spiccioli. Come a Pechino, come a Istanbul. Dieci euro al massimo, quasi tutti in moneta. I contanti materializzano i sensi di colpa, rendono reale la transazione. E possono essere persi, rubati, comunque sfuggono al controllo. Portano le malattie, diceva mia nonna. Io dico: viva l’elettronica, basta un cellulare. Pagare è una scocciatura a prescindere dal mezzo, la cosa migliore è farla breve, se si può contactless. Il ritorno al cash mi sembra un attentato alla morale e all’evoluzione. E se davvero sotto i sessanta sarà il Far West, voglio proprio vedere chi si è portato avanti.

Le cinesine delle unghie sono oltre. Per una pedicure da 28 euro (a ottobre costava 21) accettano il bancomat ma tu devi accettare il loro biasimo: chi paga in contanti merita la tessera fedeltà, un trattamento gratis ogni dieci, amichevoli litanie. Gli altri si vergognino. Non demordo: bancomat. Se il denaro scorre veloce tutte le porte si aprono, diceva Shakespeare. Mi sa che dovrò cambiare indirizzo.

Le farmaciste amiche fanno leva sulla complicità: ma il paracetamolo pagalo in contanti, ti facciamo lo sconto del dieci. Il più spudorato è il parrucchiere, in qualche modo amico anche lui perché faceva i capelli a mia madre. Lo vedo sulle spine mentre il phon ronza, sento che deve dirmi qualcosa. E infatti poi si sfoga: le banche ci stanno cannibalizzando, farebbe centoventi, altrimenti cento. Ci prova, lo capisco. Ma a me disturba "l’altrimenti" e andare al bancomat dove c’è sempre la fila o il prelievo è momentaneamente sospeso, mi scoccia tornare il giorno dopo con il cash, come dal pusher, perché solo un fesso rinuncia a risparmiare venti euro.

Mi butto nell’infinitamente piccolo: il ferramenta. Chiedo la colla "millechiodi forte e rapido" da 6,49 euro ed estraggo anche lì il bancomat. Come se avessi puntato una pistola: "Guardi, mi fido: mi paga la prossima volta". Sono io che non mi fido più: contanti. E la prossima volta grande distribuzione, ci pensi chi vuole fare un favore ai piccoli commercianti. Sento che con i tassisti ci sarà da discutere, che una bella litigata è ciò di cui ho bisogno. E invece no. Salgo sulla prima vettura parcheggiata in corso Stati Uniti e chiedo un passaggio in piazza Solferino, saranno meno di 800 metri. Vengo guardata con compassione perché ho l’aria sana, fa sette euro. Non una piega sul bancomat ma il tassista non resiste: "Lo sa che l’11 con due fermate la portava a destinazione per un euro e settanta?" Ah si? Dillo ai pechinesi, a quelli di Milano dove ci sono locali che non accettano pagamenti liquidi.

Ho bisogno di un caffè. Racimolo un euro e dieci perché sono esausta e non voglio infierire ma incontro al banco un tizio meno arrendevole di me: "Nel 1981 vivevo in Francia e fumavo Gauloises. Le compravo dal tabaccaio facendo un assegno e sembrava normale. Oggi per me esiste solo il bancomat". Spiega che esistono anche Pos senza commissioni per piccole cifre, per cui é solo una scelta del negoziante aderire o meno. Diverso invece l’uso della carta di credito: "Se hai una fee di transazione di 80 centesimi per un caffè, capisco perfettamente che si rifiutino di accettarla". Vorrei tentare l’ultima provocazione fetente: pagare un macchiato con una banconota da 500 euro per vedere la reazione. Lì capisco che magari ho tutte le ragioni del mondo, ma sono diventata una brutta persona.