Montefoscoli (Pisa) , 30 marzo 2010 -  Se passate da Montefoscoli, e vi conviene farlo perché il gioco vale ampiamente la candela, innanzitutto andate a cercare nel mistero di un boschetto, sulla via verso Palaia, il Tempio di Minerva Medica.

 

Una delle glorie storiche e architettoniche della Valdera. E davanti a quella piccola meraviglia, sappiate che il famoso dottor Victor von Frankestain, uscito dalla penna della scrittrice inglese Mary Godwin Shelley, nient’altro era che il chirurgo Andrea Vaccà Berlinghieri, il 'padrone' di Montefoscoli che in onore del padre fece costruire il Tempio. Un tempio laico. Di stile neoclassico e di simbologia massonica. Sostanzialmente anticlericale, tanto che al bivio verso quel boschetto fu realizzata e benedetta dal parroco di Montefoscoli e dal vescovo di San Miniato un’edicola dedicata alla Madonna.

 

Tutto questo succedeva nei primi venticinque anni dell’800, il periodo prima napoleonico, poi della restaurazione dei vecchi regimi, messi però subito in discussione dai nascenti movimenti risorgimentali. Il periodo di trapasso dall’illuminismo al romanticismo. Per maggiore chiarezza, ecco due date. 1818: esce 'Frankenstein, or the modern Prometheus' (Frankensstein, o il moderno Prometeo) di Mary Godwin, moglie di Percy Shelley, il maggior poeta romantico inglese. 1823: viene conclusa la costruzione del Tempio di Minerva Medica, dedicato dal figlio Andrea alla memoria del padre Francesco. Vi lavorano molti montefoscolesi, regolarmente pagati, e viene realizzata anche una fornace di mattoni e tegole per la costruzione del tempio.

 

Ma cosa c’entra in tutto questo, giusta domanda, il dottor Frankenstein, il chirurgo creato dalla fantasia delle scrittrice e 'padre' del mostro che si macchia di tanti delitti? C’entra. E secondo alcuni scrittori, fra cui Virgilio Papini, c’entra parecchio. La Shelley si sarebbe infatti ispirata al chirurgo pisano Andrea Vaccà Berlinghieri che della medicina aveva una visione progressivo-illuministica secondo la quale non dovevano esserci ostacoli nel promuovere nuove tecniche per far vivere l’uomo più a lungo. Magari, fino all’eternità. Trapianti compresi.

 

Partendo dalla sua filosofia laico-massonica-illuminista. Studiando a Parigi e Londra, oltreché a Pisa, girando l’Europa durante il periodo napoleonico, conoscendo molti grandi uomini del periodo, come Lord Bayron, moglie e marito Shelley, Niccolò Paganini, Filippo Mazzei, De Lardelle, tutti illuminati, tutti anticlercali, tutti figli della rivoluzione francese, il dottor Vaccà studiò sicuramente le possibilità di trapianti. Oggi diventati una pratica giornaliera e «benedetta», ma allora vietata dalla Chiesa. A Pisa, a Londra, e probabilmente anche a Montefoscoli, prima nella villa fattoria dei Vaccà, in centro al paese, poi, forse, nel Tempio di Minerva, si parlava molto di questi temi.

 

Se ne parlava e probabilmente si praticavano espertimenti su cadaveri o su animali. Mary Shelley ne rimase molto colpita, è la tesi del professor Papini, e scrisse il romanzo diventato un mito mondiale. La trama è ricca di pathos. Il giovane medico Victor Frankenstein si reca nottetempo nei cimiteri, dove apre le tombe e studia la decomposizione dei cadaveri, acquisendo conoscenze che gli permetteranno di generare una creatura vivente, un essere umano, da materia inanimata.

 

Ma la 'creatura' nasce deforme e sgraziata e con una forza fisica smisurata, per cui il dottor Frankenstein l’abbandona. Disgustato. Seguiranno delitti e orrori, finché la 'creatura' apparirà un’ultima volta, e, lanciando abominevoli grida di agonia, dichiarerà di volersi dare la morte per il senso di colpa per tutte le persone che ha ucciso e per il dolore arrecato al 'padre'. Naturalmente, il dottor Vaccà, illuminista pisano-montefiscolese, medico anche di Elisa Baciocchi — la sorella di Napoleone 'titolare' anche della villa di Capannoli oggi museo comunale — non era Frankestain, creatura letteraria. Ma essendone l’ispiratore, ne è stato, volontariamente o no, il 'padre'.