Ucciso sull’argine, torna l’ipotesi rapina

Si cercano testimoni che possano fornire informazioni su persone o movimenti sul luogo del crimine. Tutte le piste aperte

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CASTELFRANCO

di Carlo Baroni

Il ritrovamento dell’arma del delitto, così come nuove testimonianze capaci di apportare qualche particolare in più, potrebbero significare la svolta per il giallo dell’argine di Castelfranco. Magari c’è qualcuno che, in orario compatibile con il delitto, ha visto qualcosa, qualche movimento, a cui sul momento non ha dato peso o ha evitato di riferire ritenendolo insignificante e che, invece, potrebbe essere – unitamente ad altri accertamenti già in mano agli inquirenti e coperti dal massimo riserbo – la chiave di volta per arrivare all’assassino. Sono queste, si apprende, due direttrici che gli investigatori starebbero battendo ancora con insistenza in queste ore, a sei giorni dal ritrovamento del corpo di Roberto Checcucci di Fucecchio, massacrato di fendenti durante una camminata come era solito fare.

Ma da chi? E perché? L’attività dei carabinieri – coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Fabio Pelosi – va avanti senza sosta, vaglia ogni elemento, ma sarebbe ancora pienamente aperta, senza escludere a priori alcun scenario. Perché siamo davanti ad una vittima con un’esistenza lineare, tranquilla, riservatissima, che si muoveva in un contesto ristretto, scandita dall’abitudinarietà: viveva con la madre 91enne ed il fratello, single, senza un lavoro, senza relazioni, senza amici, senza dimensione social. Un’esistenza che viene scandagliata da giorni, perché in casi come questo è necessario grattare a fondo sotto la "superficie" – come ha detto al nostro giornale il criminologo Alessandro Meluzzi – cercando di far emergere quel qualcosa di invisibile che ognuno custodisce nelle pieghe della storia della vita: quel particolare capace di aprire una pista. Chi poteva volere la morte di Checcucci così da accanirsi con tanta furia?

Il movente, appunto sarebbe ancora un interrogativo aperto e nessuna ipotesi sarebbe stata definitivamente accantonata: dalla rapina finita in omicidio, all’appuntamento con la morte; ovvero la possibilità che Checcucci sia stato raggiunto da qualcuno che lui stesso conosceva e che l’incontro, magari per vecchie ruggini o incomprensioni, sia finito nel sangue. Così come il 53enne potrebbe aver incrociato un malintenzionato ed aver visto ciò che non doveva vedere. L’arma potrebbe dire molto, e si continua a cercarla, nonostante il luogo ampissimo e con una vegetazione a tratti fitta e variegata. Potrebbe dire molto una volta messa in relazione agli esiti della consulenza medico legale e alle risultanze della caccia alle tracce di dna sul corpo della vittima che potrebbero nascondere la firma dell’assassino. La Procura ha nominato un genetista.