Schianto in ambulanza, morto il paziente. Condannato l'autista

San Miniato, uno dei due trasportati che andavano a fare dialisi morì alcuni giorni dopo perché le lesioni del sinistro aggravarono il suo stato di salute già compromesso

Un'ambulanza che ha subìto incidente

Un'ambulanza che ha subìto incidente

San Miniato (Pisa), 16 giugno 2018 - Un brutto incidente. E con conseguenze molto gravi. Si tratta di quello di un'ambulanza che finì in una scarpata a San Miniato terminando la sua corsa contro una pianta di olivo. Mario Tempestini, uno dei due malati trasportati, venti giorni dopo l’incidente – a seguito delle condizioni precarie di salute e delle complicanze conseguenti alle lesioni subite nel sinistro –, morì per scompenso cardio circolatorio. I fatti avvennero il 28 maggio del 2013 verso le 13 quando il mezzo stava accompagnando i due pazienti al nosocomio «Degli Infermi» dove, nel reparto di nefrologia, avrebbero dovuto essere sottoposti ad un ciclo di dialisi. Il conducente del mezzo della Croce d’Oro di Montespertoli, Gino Mari, 76 anni, che nell’immediatezza dei fatti sostenne di aver avuto un “colpo di sonno”, tanto da essere finito fuori strada senza alcun tentativo di frenata, fu indagato e processato per omicidio colposo.

A Mari venne contestato di essersi posto alla guida dell’autoambulanza colposamente sottovalutando le proprie condizioni psicofisiche, di spossatezza dovuta al caldo o alla stanchezza, in mancanza di qualsivoglia patologia che lo avesse indotto al sonno. In primo grado il giudice del tribunale di Pisa Giulio Cesare Cipolletta, con rito abbreviato, condannò l’autista dell’ambulanza ad otto mesi di reclusione (pena sospesa). Questa sentenza è stata poi confermata dalla Corte d’appello di Firenze. Il ricorso in Cassazione non ha aperto ad una nuova valutazione del caso nonostante le puntuali argomentazioni del nuovo difensore dell’imputato, l’avvocato Saverio Giangrandi di Firenze. Il difensore ha fatto osservare agli ermellini che la tesi del «colpo di sonno» era stata indicata dallo stesso imputato, ma nessun accertamento era stato fatto per escludere che egli fosse stato colto da improvviso malore, come invece avvalorato dalla improvvisa perdita di controllo del veicolo e dall’assenza di tracce di frenata. Ma per la Cassazione la tesi difensiva di una patologia in atto era rimasta meramente assertiva e non era stata avvalorata neppure dall’imputato.