Sale e innocenza, la metafora dell’esistenza nel teatro di Punzo

Un pubblico emozionato ha assistito all’opera "Naturae. Secondo quadro". Così gli attori-carcerati risvegliano le coscienze.

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Un’azione teatrale che è la nuova pagina di un grande romanzo, una saga di teatro etico intrapresa dalla Compagnia della Fortezza e dal suo demiurgo, Armando Punzo, che con “Naturae“ ci aveva già avvezzati a risvegliare ogni sinapsi sulla possibilità di vedersi altro, di sognarsi e sondarsi altro da sé contro i propri limiti, ritrovandosi a fare i conti con quanto rimane di noi, decodificando la morale corrente ed i canoni occidentali cristallizzati da Shakespeare. Stavolta lo sforzo visivo, fisico, metafisico è traslato in una montagna di sale che si fa simbolismo di un’eterodossia incisa in un poema epico sviluppato in questi anni dalla Compagnia, e germinato ieri con “Naturae. La Valle dell’innocenza“, in scena lo scorso week end nella salina. Il passo degli attori è sospeso nell’impalpabilità del grembo del padiglione Nervi della salina, intarsio in un intarsio, sublimazione di un’archeologia industriale che non è solo quinta scenica, ma giardino di un paradisiaco anelito di libertà, in cui ‘il sogno a occhi aperti dell’innocenza deve mostrarsi in tutta la sua concretezza’. Ne “La Valle dell’innocenza. Secondo quadro“, il sale come Simbolo, con la S maiuscola, di vita, diventa elemento di un ‘pensiero che danza’ a ritmo lento, come la scena di un mondo altro (il nostro mondo interiore?) in cui farsi domande, un sussulto che desta le coscienze da ogni affresco umano arrovellato in una bolgia esistenziale. Chiamatelo Eden, se preferite mondo delle idee: fatto sta che l’imponente Sala Nervi è il rettangolo puro e iperuranico dove il sale della vita diventa forza desiderosa e illuminante per proseguire nel cammino di “Lui e del bambino“ nelle cavità umane, in cui sono forti i simboli biblici, come la mela del primigenio peccato, addentata da Punzo, lo stesso sale, l’albero della Vita. E’ un nuovo rito che si compie fra sacerdoti e sacerdotesse, fra antiche mitologie e eroi mitologici, fra prelati di porpora vestiti. Scenografie firmate da Alessandro Marzetti con le musiche di Andrea Salvadori ed i costumi di Emanuela Dall’Aglio: è il trittico delle delizie che diventa spettacolo nello spettacolo, dove note, stoffe ed elementi di scena si fanno anch’essi protagonisti. "Con la Compagnia della Fortezza stiamo ancora portando avanti il viaggio di ricerca intrapreso nei precedenti spettacoli – spiega il regista Punzo – questo spazio teatrale ricavato nella salina rappresenta il luogo che è dentro ognuno di noi, è il giardino dell’Eden dove se si riesce a guardare altrove, si viene accolti. Stiamo scrivendo una nuova Genesi che non ricalchi quella in cui si è puniti. Per provare a guardare dove gli altri non guardano". E perché, alla fine, ‘tutto può ancora essere, anche se non lo sai’".

Ilenia Pistolesi