Tesoro di Maniero, il broker condannato a 8 anni di carcere

A metterlo nei guai furono le dichiarazioni dell'ex boss della Mala del Brenta: i giudici hanno escluso l'aggravante dell'agevolazione mafiosa

Operazione della Guardia di Finanza

Operazione della Guardia di Finanza

Santa Croce sull'Arno (Pisa), 15 febbraio 2019 - Esclusa l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, Michele Brotini, 50enne broker di Santa Croce, è stato ritenuto colpevole di riciclaggio e dell’aver commesso il reato nell’esercizio della sua professione: per il collegio del tribunale di Venezia deve scontare otto anni di reclusione e pagare 12mila euro di multa. I pubblici ministeri della Dda di Venezia, Zorzi e Tonini, avevano chiesto per Brotini 10 anni di reclusione e 12mila euro di multa. Il collegio ha preso novanta giorni di tempo per depositare le motivazioni. Scontatto l’appello. «Importante – spiega il suo difensore, avvocato Marco Rocchi di Firenze – che sia stata esclusa l’aggravante secondo la quale il mio assistito avrebbe agevolato l’attività mafiosa. Tuttavia sarà importante per noi capire il ragionamento che ha portato i giudici alla condanna e quali elementi dell’istruttoria ne abbiano messo a supporto: se le dichiarazioni del Maniero che dice una cosa rispetto anche alla collocazione temporale dei fatti, o se quelle del Di Cicco che ne ha dette altre». Brotini ha sempre negato di aver saputo, comunque, della provenienza illecita dei denari (provento dei crimini della mala), e si è detto fin dall’inizio di questa vicenda «vittima di una macchinazione».

A mettere Brotini nei guai furono le dichiarazioni rese nel 2016 dall’ex boss della "Mala del Brenta" Felice Maniero sul destino del suo tesoro. Soldi che Faccia D’Angelo sostiene di aver affidato all’ex cognato Riccardo Di Cicco – 60enne dentista di Fucecchio (reo confesso di riciclaggio di circa 10 miliardi di lire e condannato in abbreviato a 4 ani e 10 mesi) che, con l’aiuto del broker li avrebbe portati al sicuro in Svizzera. Secondo il racconto del Maniero, a convincere l’ex boss a fare investimenti in fondi sarebbe stato Di Cicco – che ha ammesso di aver ricevuto nel 1995 dieci miliardi del vecchio conio e di averli restituiti all’ex boss fino all’ultimo centesimo – che conosceva Brotini per portarli in Svizzera. 

I magistrati, in fase d’indagine, hanno trovato le tracce di quei denari individuando un conto sul quale transitarono 4,5 milioni di euro che fu aperto nel 2003 e pian piano svuotato fino al 2010, quando fu estinto e i soldi, secondo gli inquirenti, furono spostati in altre banche elvetiche. I giudici non si sono pronunciati nel dispositivo sulle richieste avanzate dall’avvocato Rocchi che aveva chiesto una rimodulazione della misura – Brotini è in carcere a Voghera dal gennaio 2017 – anche in base alle risultanze istruttorie e alle mutate esigenze. Il legale procederà con una istanza nei prossimi giorni anche in ragione dell’essere venuta meno l’aggravante più importante che veniva contestata al broker.